C’è sempre un count down che regola le nostre giornate. Dall’inizio alla fine. Dal primo suono della sveglia fino ai rintocchi delle palpebre che si chiudono.
C’è qualcosa in questi momenti che mi regala l’adrenalina dell’impossibile. Del “ce la faccio anche se non ho tempo”. Sei minuti, il tempo che mi separa dalle 9.00, il momento in cui devo entrare ufficialmente a lavorare, anche se sono già in ufficio da qualche decina di minuti.
Sei minuti, il tempo che ho per me.
Sei minuti in cui vorrei dire che sono carica di parole, ma non abbastanza per scrivere, per riportare qui quello che sono le mie giornate, i veli che nascondono i miei sorrisi e le mie paure. Non abbastanza per lasciarmi andare, per sotterrare quel controllo che mi serve per tenere tutto a bada, quelle redini per domare le mie rivoluzioni.
Sei minuti in cui mi sparo musica nelle orecchie per resistere alla tentazione di chiacchierare, per focalizzarmi, almeno una volta, su di me. E basta. Ma è così difficile.
Sono cambiata, non ho più i riferimenti giusti, gli spunti, i ritmi.
Ma forse va bene così, se non per me, per i miei figli. Ci sono delle cose che sono necessarie. E, si sa, non mi tiro mai indietro.
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