Ode a Firenze.

standard 27 giugno 2012 3 responses

ho salutato le mie amiche e ho deciso di non fare la solita strada per tornare a casa.
ho camminato per strade amiche, ho camminato e respirato Firenze.
la mia Firenze, la città in cui vivo da quasi 11 anni, che accoglie i miei passi, i miei pensieri, che rinchiude nel suo cuore rinascimentale tutta la mia recente vita, ricca di emozioni, di amore, di sussurri, di spazio guadagnato, di incontri, di sguardi.
Firenze che accoglie stanca orde di turisti avidi, Firenze calda, soffocante, afosa, umida, Firenze meravigliosa, estasiante, snob e permalosa.
Firenze unica.
Firenze emozionante.
cammini e sotto i piedi scricchiola la storia, dai tuoi occhi che osservi tu, ignaro, ogni finestra ha raccontato la vita di questa città.
amo ogni scorcio, ogni via, ogni frammento di pavimento.
amo gli occhi delle persone stupite davanti ai monumenti.
amo conoscere dove sto andando, guidata solo dalla voglia di osservare nuove prospettive.
Firenze sei la mia culla.
hai sopportato le mie paure, hai sopportato quando non resistevo più di qualche giorno qui e dovevo tornare a tutti i costi a casa. hai sostenuto la mia solitudine e incoraggiato la compagnia, la novità, il contatto. mi hai fatto scontare delle estati caldissime e senza mare, carezzandomi di ben poca brezza, senza lasciarmi respirare.
Firenze sei la città che amo, che ho scelto, in cui vivo ogni giorno, dove la vita diventa sempre più mia, dove ho districato ogni labirinto della mia anima, dove ho tentato di scoprire le linee più nascoste del mio cuore intricato.
mi sento libera, mi sento accolta, mi sento io, viva, sola, presente.
devo continuare a non avere paura, come stasera, di una vita solitaria.
in fondo è questo che siamo, esseri umani nati per condividere, per coinvolgere, per amare.
ma se non troviamo (con fatica) la nostra concreta dimensione, non possono essere che vani i nostri sforzi di proseguire in tutto ciò che facciamo.
questa solitudine che imparo a vivere ogni giorno, contiene tutto ciò che dovremmo essere: liberi di sentirsi noi stessi, sempre. senza compromessi, senza passi falsi, senza violentare la nostra anima.
il mio prossimo passo è cancellare le ansie, moderare l’affanno.
ma tutto il resto…mi piace.
non smetterò mai di essere come sono, anche se volesse dire una vita di solitudine.
buona notte.


nella culla di Firenze
mi addormento.

aforismi e Andy Warhol

standard 26 giugno 2012 1 response

a quanto pare si tratta solo di aspettare.
nella vita è tutta questione di tempo.
su questo argomento potrei scrivere un poema, potrei argomentare con fiumi di parole. 
Dalì dipingeva orologi molli, Einstein parlava della relatività.
costretta a questa solitudine senza ritorno, volto il mio sguardo altrove, cercando un appiglio, mi distraggo. voglio un punto di riferimento.
voglio poter almeno aspettare qualcosa che non sia solo me stessa riflessa allo specchio.
forze dovrei solo sforzarmi a non ripetere in loop gli stessi errori, credendo che sia impossibile cambiare. guardo intorno a me e vedo concretezza, guardo me e vedo inconsistenza.
Andy vieni, dipingimi, componi il mio viso con le tue immagini a colori pop.
scrivi sul mio volto la forza del mio mondo.
stampa linee nere di confine per non far uscire la sostanza.
tingi i miei capelli di un rosa shock.
lasciami senza parole.
rendimi una musa desiderabile. sconvolgente.
voglio essere aspettata.
voglio essere il desiderio proibito.
voglio essere la voglia sulla pelle.
irresistibile.

bungee jumping

standard 20 giugno 2012 Leave a response

mentre alcune zanzare tramortite dall’antizanzara mi arrivano sparate addosso con la forza del ventilatore che (inutilmente) ho acceso sperando di respirare, trattengo il fiato.
come un filo di seta tra le mani, tesso una tela complicata.
se mi volto rischio di inciampare su di essa, le gambe mi vacillano e gli occhi sfocano.
ma intanto la tela prosegue la sua vita, si crea, a volte da sola, sotto la mia supervisione.
cerco la motivazione a tutto.
cerco di non controllare tutto.
mi giro di schiena.
alle mie spalle una caduta libera, centinaia di metri, non si vede la strada sotto.
alle mie spalle un vento che mi cullerà, durante la caduta.
i talloni si sporgono sempre di più, mi guardo intorno.
la mia strana ma banale vita, prosegue.
che faccio, mi butto?

la chiamavano pollice nero.

standard 14 giugno 2012 Leave a response
dimenticatevi di me.
io non esisto.
non sono più interessante, non sono più sorridente, non sono più io.
non voglio che sia facile, non voglio che sia immediato, voglio solo che esista qualcosa, che non svanisca, che non si infranga, ancora prima di inziare.
non voglio più giocare, non voglio più leggere imprevisti o probabilità, non voglio più rischiare.
non so come si faccia ad essere forte, a resistere a questi spifferi leggeri che ora mi distruggono. ho le mani sbucciate, cado sempre di faccia, sono piena di graffi. 
le croste non faccio in tempo a farle rimarginare, sanguino.
questi ultimi post fanno schifo.
sono densi di depressione e di sconforto.
sono densi di tutto ciò che di peggiore si può conservare dentro un’anima perennemente felice.
pensavo di avere il pollice verde e invece tutte le piante marciscono all’interno. diventano nere, come queste trombette di morto. e pensare che cucinate sono anche buone. 
forse devo diventare cannibale e mangiarmi tutti quelli che, passandomi a fianco, mi fanno diventare sempre più nera.
e un po’ più antipatica, ogni giorno di più.

vorrei essere una principessa di altri tempi, passare le giornate a pettinarmi i lunghi capelli davanti allo specchio. abitare chiusa in una torre e non annoiarmi nonostante la passività dei miei giorni. aspettare il principe azzurro, con calma e determinazione, sapendo che arriverà, se non per la mia bellezza perlomeno per la mia dote.
invece la mia unica dote è questo blog e le mie parole.
e la mia bellezza non è mai esistita. tantomeno esistono i miei lunghi capelli. 
sono corti.
sono impazienti.
nessuna torre, nessuna capacità di attesa, nessuna pazienza.
solo tanta voglia di sbrogliare la matassa, arrivare a capo di questo gomitolo, smettere di tormentare tutti quelli che mi stanno accanto con le stupide ed inutili paranoie di cui mi circondo.
oggi è una giornata così.
nuvolosa, instabile, arrabbiata.
assolutamente depressione totale e su tutta la linea.
non credo più in nessuno spiraglio, mi dispiace tanto di essere arrivata a questo.
lasciatemi in pace.
grazie.

non dire gatto…

standard 13 giugno 2012 Leave a response

sfioro le cose e queste, come fosse un afflato velenoso e forte, svaniscono.
sfioro un sorriso, forse lo rincorro troppo ed esso, impietoso, svanisce.
probabilmente tutte le cose che critico, le persone che si allontanano, che mi rifiutano, non sono tanto peggio di me, di quello che credo di essere io. la loro mediocrità mi riflette pienamente, il rispetto che ho per me stessa equivale a ciò che leggo nei loro occhi: al niente. al vuoto, all’indifferenza.
quello che valgo pare che scompaia ogni giorno, ogni qual volta che qualcuno si prende la briga di rifiutarmi, di fare a meno di me. io decido di fare a meno di me.
decido che vorrei andare via, diventare diversa, di pietra. arrivare in un eremo, dove nessuno mi può raggiungere e scalfire la mia anima, il mio sorriso lungamente desiderato.
tutto quello che continuo a fare invece è strisciare. 
strisciare nell’ombra dove comunque sempre qualcuno può vedermi e ridurmi in poltiglia.
cerco di fare di più, anche stavolta.
ma statemi lontano, sono nociva.

manco a pagarlo oro.

standard 12 giugno 2012 5 responses

non sono mai troppo stanca per dormire, per lasciare in pace i miei pensieri.
ciò che vorrei riuscire a fare (ma non sono capace a quanto pare) è fare la mia strada. o meglio, la mia strada la percorro ma lascio sempre entrare molte interferenze, senza ne arte ne parte, senza che ci siano persone valide e capaci di prendere in mano anche solo un momento della mia vita.
tormentata dalla noia e dalla solitudine cerco appigli, ma chiunque incontro non ha voglia di questo o non sono io la persona da cui vorrebbe qualcosa in più.

non c’è intesa con nessuno e io insisto, spero, combatto ma qui nel letto sono ancora sola.
non ci capisco niente di uomini e credo che effettivamente ce ne siano anche veramente pochi, di uomini. 
e sono ancora sveglia.

Sapori.

standard 10 giugno 2012 2 responses
Voglio sporcarmi la bocca con offese e parole non mie. Voglio sostenere cortei di inutili speranze. Voglio continuare ad amare senza sosta, senza posa, senza dover per forza smettere di farlo. Voglio meno vigliaccheria, più pulizia. Più rispetto. Più cura.
Voglio camminare per le città sapendo che, quando tornerò a casa, troverò qualcuno. Che mi ami per tutto quello che merito.
Buona notte.

Any Given Sunday.

standard 3 giugno 2012 Leave a response

Penso sia assolutamente normale.
Pensare che passi, che voli via, che ogni pensiero svanisca.
Invece ti trovi sdraiato sull’erba, a guardare un fiore dal basso, a guardare le nuvole, il cielo, a toccare con mano il fresco del prato e a sentire il profumo di ogni fiore.
E la malinconia ti abbraccia di nuovo.
Densa di solitudine e consapevolezze nuove, portate dai sogni e dalle parole di ogni giorno.
Non è una malinconia triste, è diversa da quella che narravo mesi fa. E’ indubbiamente mutata, si è fatta quasi concreta ma non mi fa del male.
Ciò che ho raggiunto, maturato, pensato in questo periodo è degno di nota, ve l’ho raccontato passo passo. Sono qui, che condivido anche questo momento di assoluta introspezione e poca voglia di parlare o scrivere o concretizzare i pensieri. Strano per me, ma ogni giorno capitano cose che non ti aspetti, anche alle persone più rigide nel loro modo di esprimere i loro disagi, tipo me.
Posso dire questo, per certo, posso dire che ho imparato. Ho lavorato e ho imparato a rendere la mia vita un “luogo” di qualità. Sto imparando a non avere paura, a non subire la dipendenza da certi meccanismi che certamente hanno uffuscato (inconsapevolmente) la mia vita. La qualità appunto. 
In questa mediocre domenica una qualità data dai traguardi recenti, non sempre spiegabili, non sempre quantificabili, ma che sento dentro di me.
Lontana da dispensare sorrisi gratuiti me ne sto sdraiata sul mio prato.
Osservo i movimenti dati dal mio respiro.
Curo le mie ferite, una per una, fisiche o meno che siano.
Ma è comunque un giorno che pago, in qualche modo, che si prende il suo dispettoso compenso finale, quello di ricordarmi che la mia strada è ancora lunga.
Ogni maledetta domenica.

Ma le strade da percorrere mi piacciono. Sarebbe molto peggio non averne.

“Si vince o si perde, resta da vedere se si vince o si perde da uomini”

Non voglio mancare all’evoluzione della mia storia. 
A presto, gentili lettori.