il lungo viaggio delle anime
che si accampano in un tiepido luogo di luce e polvere
in contrasto con le loro ombre
una battaglia di ferite senza sosta
con i piedi scalzi
senza protezione
con i sogni che scivolano via come lacrime
con le lacrime che sembrano lame
gli occhi pieni di frammenti di vetro
ogni battito un dolore
si infrange il vuoto.
marmo bianco carezzano le mie mani.
il marmo della pelle che vorrei
soave
venature grigie, impuro candore
svelati mistero, alla soglia del mio viso contraffatto.
svelati senza pudore
l’attesa cela vana speranza
stoffe arcaiche, intrecci di corda
collage di sorrisi e incontri
il viaggio delle anime approda
l’orizzonte è limpido
il temporale non continua che nel ricordo, nel colore.
MOVING…
mi vorrei spostare con la schiena carica di cose.
con calma.
viscida e soddisfatta del mio percorso.
sono una chiocciolina e passo da una foglia all’altra, cercando un nuovo mondo da esplorare, con le mie piccole antenne.
vorrei voi, tutti.
che prendeste le mie cose, la mia casa intera, sulle vostre spalle, e la portaste giusto lì, dove mi sto per trasferire.
dai. dai per piacere!
scusate, sto solo traslocando, non sono improvvisamente impazzita.
insomma…chi mi aiuta?
scarsa poeticità e infiniti desideri di passione. forte, vera, senza veli e vergogne.
sud.
tutto suona come un vecchio ritornello country.
la chitarra stonata, il suono diverso, distinto, di ogni corda.
languide, tristi parole, narrano destini avversi su un allegra melodia.
pale.
eliche.
giganti mulini a vento.
colline bruciate dal sole,
bruciate dal vento,
dalle fiamme di un estate ardente.
non rimane che la terra.
e nelle orecchie il rumore del sud.
millenovecentottantadue
felpa. camicia bianca con colletto + trina sul bordo.
pantaloni blu, lunghi ma non abbastanza da coprire le calze di spugna. scarpe da ginnastica di improbabile provenienza.
odore di naftalina, di adolescenza, di sconosciuta vita, di innocenza.
capelli lunghi, che sfiorano il fondo schiena, lisci come le orientali.
pensate.
come eravate voi a dieci, undici, dodici anni?
io ero drammaticamente trash.
ma non di quel trash anni ’80/90 quasi di moda, con i colori giusti e gli spunti azzeccati, bensì un TRASH nel senso di discarica, spazzatura, oblio.
però è ciò che mi fa sorridere ora. che mi fa pensare di essere nata “al momento giusto”.
pensate.
sarebbe veramente insignificante non poter ricordare con tale disgusto come si vestiva da piccoli. menomale non esisteva facebook e tutti i social network di adesso, altrimenti navigare diventerebbe un intrigato labirinto per schivare foto e tag poco desiderabili.
insomma dicevo. pensate ai trendy teen ager di oggi.
in posa, fashion victim, lampadati, firmati, pettinati, tirati sempre a lucido.
non ce li vedo, tra 10 o 20 anni, a guardare le proprie foto ridendo di vergogna. mi pare impossibile che molti di loro riescano a trovare innocenza, gioventù, spensieratezza, nei volti e nei sorrisi costruiti di bambine(i)/personaggio.
recuperiamo un po’ di sana genuinità.
recuperiamo noi stessi.
la spontaneità e l’amore di un sorriso regalato ad uno sconosciuto.
guardatevi allo specchio senza trucco, con le occhiaie e gli ultimi brufoli che ci fanno sentire ancora un po’ giovani.
senza pose e aspettative, senza inquadrature migliori.
fatevi una foto.
tra 10 anni guardatela, ci risentiamo.
sarebbe bello trovarsi ancora a sorridere, a riconoscere la differenza del tempo che passa, a vergognarsi per ciò che avevamo scelto di essere attraverso i nostri vestiti, ma non attraverso la nostra faccia.
nessuna maschera, nessun inganno.
non siate illusionisti.
tra 10 anni tutti potranno leggere i vostri segreti tra le rug…ops righe.
buona notte.
ALIENS#3
il tessitore.
lo dico sempre, che è tutta una questione di prospettive.
di modi di vedere le cose, di scelte, di angolazioni giuste.
giuste per chi?
per i propri occhi, non per quelli degli altri. per quanto altri ti stiano accanto nessuno mai avrà la stessa prospettiva.
e se con queste parole potessi, vorrei placare il dispiacere di chi mi sta a cuore.
quello che rimane da fare, quando si ferisce o si delude qualcuno, è solo lavorare.
mettersi davanti ad un telaio e tessere, filo per filo.
gli errori, gli intrecci, le mancanze ci possono stare ma non per tutti. ci sono delle persone per cui non vorrei mai creare dei nodi troppo intricati da non poter sciogliere.
nel mio groviglio di nodi, in cui probabilmente mi perdo più di quanto credo, spero di tirare fuori il filo lungo lungo che mi lega fortemente alle persone che amo e che mai vorrei far sentire trascurate, per niente al mondo.