Amore OGM – Bloggallinamente Modificato.

standard 29 aprile 2013 74 responses
Perchè sono poco convenzionale.
Poco convenzionale, con molti pensieri notturni, tutti per Voi.
C’era una zanzara che mi svegliava stanotte. Ora si, ora no.
Come un sistema binario.
Acceso. Spento.
Ho scritto mille frasi che si sono cancellate ad ogni battito di ciglia che mi riaccompagnava verso la notte. 
Ho scritto di abbracci e di sguardi carichi di emozione.
Ho scritto di qualche goccia di pioggia che ci ha fatto camminare sotto lo stesso ombrello.
Di ricordi romantici come fossero mille storie d’amore.
Di sapori nuovi, di pietanze speciali, dal gusto Aromatico.
Ho scritto perchè ho fatto poche foto, praticamente nessuna.
Ma nei miei occhi è tutto registrato.
Perchè questo è un AMORE OGM, geneticamente modificato.
Qui si tratta di persone tutte poco convenzionali.
Di donne senza smanie di eccellenza, se non nel cuore. Che poi è l’eccellenza migliore che si possa ricercare.
Noi, Bloggalline, artiste di un quotidiano vivere virtuale, abbiamo sorpassato l’ostacolo più temuto: una marea di parole scritte. Sapevamo che ciò che ci aspettava sarebbe stato grande, ma quello che è REALMENTE stato, è stato una valanga sorprendente.
Quando ti trovi senza timore davanti a qualcosa che ti piace, non rimane che sorridere.
Se questo qualcosa che ti piace è così puro, sincero e al profumo di amicizia, sincerità, purezza, spontaneità, bellezza è come contemplare un’opera d’arte.
E quindi senza fiato, senza altre parole se non tutti i GRAZIE che vorrei dire, vi dedico ogni mio pensiero sorridente, ogni momento che vorrei passare a raccontarvi e a sentirvi raccontare.
Grazie a chi ha fatto tanto.
Grazie a chi mi ha rivolto anche solo un sorriso.
Grazie a chi mi ha preso per mano in tanti momenti di oblio.
Grazie a chi non è potuto venire.
Grazie perchè ogni Coccodè con voi ha un senso speciale e anche in questo mio blog, un po’ troppo poetico e snob, voi ci state benissimo e non potrei fare a meno di aver incrociato i vostri sguardi.
Grazie. Perchè con voi ho scoperto come sia ancora possibile stupirsi della genuinità, del disinteresse, del calore umano.
A Roma, sabato, abbiamo disegnato insieme un arcobaleno.
Dove attingere un po’ di colore in ogni giornata buia, dove lasciare un pensiero, uno sguardo, un sorriso, per ritrovarlo di rimando dal riflesso delle vostre bianche piume.
Siete uniche, Bloggalline.

Un caffè d’orzo romano, pieno d’amore. I LOVE BLOGGALLINE ?

Leggero o o o oh.

standard 20 aprile 2013 27 responses

Il velo si posa sul mio viso.
Un velo impalpabile, un lenzuolo leggero.
Energia sottile, come un filo elettrico incollato alla pelle, leggero.
Il bozzolo segreto di quella futura farfalla. Un segreto leggero.
Mai sussurrato, forse mai pensato, qualcosa di ardito.
Cerco il coraggio necessario tra gli scaffali della mia vita, ne faccio scorta.

Leggero il mio pensiero ora.
Leggero come i palloncini.
Leggero perché ci lavoro.
Prima di dormire, dopo 13 ore e più di lavoro…vi lascio la mia fotina in veste lavorativa! Domani ancora l’evento…dai dai che mercoledì è vicino!

Ps: ve l’ho già detto che vi adoro? Mi mancate!!!

Rosa.

standard 17 aprile 2013 64 responses
Dicono che ci sono dei segnali inequivocabili di cambiamenti.
Dicono che quelle destrutturazioni che si verificano quando avviene qualcosa nel cuore.
Nell’aria.
Nel senso di marcia delle lancette.
Nella scansione del tempo.
Dicono che quando una donna decide di tagliarsi i capelli è perchè vuole mettere un punto e ricominciare.
Accettare un passaggio, un termine, una curva pericolosa a sinistra.
Lo dicono anche delle donne con la cresta (quasi) rosa? 😀
Io sono inconsapevole.
Inconsapevolmente ho agito, ho respirato, ho sfiorato, ho desiderato.
Non so se questo  è il temporaneo cambiamento necessario per sviluppare quelle libertà di cui sento il bisogno.
Non so se ci sono strade giuste, strade sbagliate.
Non so quale piede mettere davanti per primo, rischio di inciampare.
Ma questo momento è lieve, come lieve è l’ala del cormorano sull’acqua, la zampa dell’airone, fine, che nell’acqua stessa si fissa, come un fuso rimane sospesa.
Io sono rosa.
Rosa come le piume che riflettono la palude.
Rosa come questa enorme nuvola di zucchero filato.
Rosa come il sentimento bianco, appena una goccia di pigmento rosso tinge la sua purezza.

Rosa e immune, come un neonato.
Rosa e sconosciuta, come un naufrago, come quel mendicante che si sporge fino a terre lontane.
Rosa e inerme, come quel fiato che non sento per il troppo fruscio di fondo.
Rosa come la caramella che era rimasta nel sacchetto, che credevo così lontana dai miei gusti.
Rosa, sensibile e morbida, aromatizzata alla fragola.
Rosa e sfumata, come uno strano arcobaleno che avevo necessariamente bisogno di vedere.
Ora che ho la primavera sui capelli, vado a fiorire.
Sento già il profumo.
 
Me. 16/04/2013.

Elle, tesoro, la mia crestina rosa è un po’ anche tua ?
Domani comincia l’evento che ho organizzato. Celapossofare.
Siatemi nel cuore, c’è posto per tutti lì!

Solo Cose Belle.

standard 15 aprile 2013 28 responses
C’era la luna sottile.
C’era l’aria tiepida.
C’era quell’aria leggera, che ti coglie solo nel momento in cui puoi essere colta. 
Non un attimo prima, non un attimo dopo.
C’era quel bagliore flebile, breve, della luna sottile.
C’era quella bilancia, che pesa tutte le parole, quelle necessarie.
C’era un’unica cosa da fare.

Chiudere gli occhi.
Non farsi domande, non cercare affannosamente risposte, non avere paura, dimenticare il buio e vedere solo quella fettina di luna sospesa, con un fine filo da pesca che la sorregge, ancora così delicata ma statica, presente.

Ho chiuso gli occhi.
Ho provato a scedere gli scalini senza guardare, tastando con il piede scalzo cosa c’era sotto.
C’era la terra, in fondo al pozzo. Umida, fertile, viva.
Un piccolo germoglio, illuminato dal chiarore lunare mi ha sfiorato la pianta del piede, sensibile al tatto di qualsiasi forma di vita. 

Occhi chiusi, sensi attenti.
Occhi chiusi, mani strette.
Occhi chiusi, luna crescente.

Vladimir Kush – Lock
Ho la testa nel “palloncino” in questi giorni. 
Perdonate la mia assenza quasi totale dai vostri blog (e dal mio) ma sono sotto evento a lavoro, ho la scrivania che sembra un campo da battaglia (dopo la battaglia) e da metà settimana sarò irraggiungibile/incontattabile ma soprattutto INSOPPORTABILE per altri sette giorni circa. Spero di ritrovarvi al mio “ritorno” virtuale, spero di leggervi ogni tanto per assaporare le vostre parole che amo così tanto leggere. 
E poi…il 27 aprile si avvicina. Io ho avuto un meraviglioso antipasto venerdì scorso con l’avvocato più pazzo della blogosfera di passaggio a Firenze (? la mia Vaty ?).
Vi mando un po’ della luce che vedo di riflesso dalle finestre aperte.
Questo nuovo sole è così intenso che mi toglie il fiato.

Il rumore di ogni attimo…

standard 8 aprile 2013 60 responses
Vorrei conoscere il rumore del dolore. 
Ricordarlo e riconoscerlo, da lontano.
Vorrei conoscere il rumore del dolore, 
per spezzarne tutti i rami sul nascere.
Vorrei conoscere il rumore del dolore,
per colorare la vita di leggerezza e fiori di ciliegio.

In fondo siamo sempre ad aspettare un rumore, un suono, un cenno.
Che squilli il telefono.
Che una voce ti chiami.
Che ci siano delle risposte.
Che per quanto ti chiudi le orecchie, tiri su il collo della maglia, ti chiudi dentro il cappuccio, il rumore che attendi, ad un certo punto, arrivi. 
Come un bacio per Biancaneve ti svegli.
Perché siamo fermi, nel torpore di quell’attesa, congelati, saturi di tentativi.
Ma siamo umani, non abbiamo super poteri, non siamo immortali, non siamo immuni, non siamo che fallibili e continuamente scettici.
E in quel battito nuovo, che aspettiamo, talvolta si cela il dolore.
Che non vorresti mai conoscere, che non vorresti mai sapere come consolare perché vorrebbe dire che non lo hai mai udito e provato.
E’ nel dare la forma a questo dolore che, chiuso il cerchio che lo rende spietato, dovremo essere capaci di riconoscere la grandiosità di questa sfuggevolezza, che tanto ci toglie, molto ci arricchisce, che ci secca la gola in mezzo secondo e ci disseta di quelle parole mancate, che distribuisce senza uguaglianza la sua presenza e per contro equamente dimostra di essere controvertibile, con un solo sorriso.
Non so attribuire né quantificare quanto generiamo noi stessi, di questo dolore, diventando i primi artefici dei nostri insuccessi; certo quando siamo incolpevoli, vittime, subendone l’avvento, possiamo lasciar scorrere le nostre lacrime, ogni volta che vogliamo, senza dimenticare mai di vivere questo oggi, sempre, fino all’ultimo suono.
Perché fino a quando le mie orecchie saranno capaci di udire il suono della musica, le mie mani di tremare per l’emozione, per la paura, per il terrore di non saper vincere delle crisi che nascono quando nasce l’ignoto, fino a quel momento, in cui sarò abile di ascoltare fino all’ultima nota della mia vita sempre voglio rammentare quanto valore ha un solo accordo di questo attimo.
Un valore alto, giusto, irripetibile e inconquistabile.
Katsushika Hokusai

Poison. Di veleni e di grovigli.

standard 5 aprile 2013 51 responses

I want to hold you but my senses tell me to stop
I want to kiss you but I want it too much 

I want to taste you but your lips are venomous poison
You’re poison runnin’thru my veins
You’re poison, I don’t want to break these chains

Come sempre. Ti svegli con un pelino di ritardo, fuori piove.
Ti vesti, abbinando in modo armonioso tutti i dettagli, fai una carezza alla gattina che dorme sul cuscino, invidiandola per la sua nullafacenza quotidiana.
Ti prepari le fette biscottate con la marmellata, un bicchiere d’acqua.
Ombrello, due passi fuori, macchina.
E alla radio passano proprio la canzone con quel testo evocativo che fa tanto dito nella piaga

I  W A N T  T O  H O L D  Y O U  B U T  M Y  S E N S E S  T E L L  M E  T O  S T O P

E’ ufficiale. Stamani, insieme alla mia cresta, ho agghindato anche la Torre di Babele che mi faceva compagnia dentro la testa. Alta, incasinata, piena di colori e di piccoli dettagli infinitesimali. Ma si sa, i dettagli sono ciò che forma l’insieme. E questa torre di pensieri è lì. Vacilla, è formata da tessere di un domino verticale che non so gestire, è una centrifuga di colori, di sensi, di sapori, di piccoli granelli e bacche rosse, di arcobaleni che ancora non conosco. 
Bello eh? Indubbiamente. Se non ci siete dentro è bellissimo. Da fuori lo spettacolo è evidente, come l’aurora boreale. 
Ma le infrazioni, le emulsioni chimiche, le rifrazioni della luce sono così tante. 
E non rimane che lasciarsi andare?
Lasciarsi tentare?
Assaggiare le caramelle da tutti i dieci sacchettini che ho davanti. Ecco quello che farò. 

Come sempre. Ti svegli con un pelino di ritardo, fuori c’è il sole.
Ti vesti, leghi le tue codine in alto, a fare il solletico al cielo.
Ti prepari la sacca per andare a fare un pic nic, ma nella sacca ci sono solo tante caramelle. Tanti gusti diversi, tanti sacchetti colorati.
Occhiali da sole, due passi fuori, anzi qualcuno in più. 
Ballerine ai piedi, via le odiate calze, il fresco sulla pelle ancora bianca, sembianza invernale da cambiare, come la pelle di un serpente albino.
E sei nel luogo del cuore. In quel posto dove vince il cemento, dove vince l’uomo. Ma la natura c’è, è potente. E’ un flusso sull’impossibile. 
Il luogo del cuore dove staccare la spina da tutto, dove accoccolarsi stringendo le ginocchia, dove ascoltare solo il R U M O R E forte che risuona a Babele, special guest della mia testa oggi, questo venerdì furioso e fuori controllo.

Ti siedi, nel luogo del cuore. Metti i sacchetti di caramelle davanti a te. Assaggia, mastica, assapora, rompi con i denti per far uscire il succo, percepisci le differenze.
Aspetta. Aspetta fino a che l’ultimo frammento, come una scaglia di vetro, scende in fondo allo stomaco, lasciando segni del suo passaggio.
Fino ad allora prendi uno ad uno i capi di tutti i gomitoli che si sono attorcigliati e cerca una via. Per non impazzire.

Vladimir Kush – Mythology (2011)

Questo artista mi ha folgorato. Le sue opere sono meravigliose, tutte. Fatevi un regalo oggi, guardate il suo sito o digitate il suo nome su google immagini, sarà un viaggio immaginario bellissimo, pieno di colori, luce, fiori, leggerezza e visioni. 
L’opera che ho postato è un piccolo riassunto di ciò che vedo quando chiudo gli occhi oggi. 
In pratica…un gran bel casino.

Un piccolo puntino marrone.

standard 2 aprile 2013 58 responses
Sposerò Simon Le Bon (1986)
Idoli.
Idoli come wodoo nei quali affondare spilloni.
Idoli come passione, che lo spillone sia dardo infuocato di Cupido, cecchino infallibile.
Idoli, ma sono persone.
Idoli come ispirazione.
Idoli come tu, che mi tormenti. 
Ma quando mi piace essere tormentata da te, mio Muso ispiratore le cui apparizioni si annoverano come nelle enciclopedie astronomiche annotano le apparizioni della cometa di Halley. 
Rare, fuggevoli, abbaglianti, da seguire con la pecorella al collo verso la grotta di Betlemme, in pratica.
Però…per quella maledetta lampadina che cerco come un piccolo faro nella notte del mio oceano tempestoso, non ci può essere di meglio. 
Lui è la mia Eleonora Duse. Certo, non ha la sua grazia, le sue doti e non fa l’attrice, e credo che preferirebbe essere usato come wodoo (di cui sopra) piuttosto che come ispiratore del mio acuto, ma talvolta empio cervelletto nella sua parte creativa, ma tant’è. Non tutto si può decidere nella vita.
Come la posizione dei nei.
Una mattina ti svegli e ti trovi un neo che la sera prima non avevi.
Ed è lì, tu non puoi far altro che constatarlo, osservarlo da tutte le angolazioni possibili, misurarne con gli occhi la dimensione, cercare di capirne il significato, ma rimanere inerme. Lui è lì. 
Un neo sul mio cuore. Indelebile, come piace a me.
E uno sul mio dito. Sul mio pollice destro. Che mi aiuta a scrivere, quando lo guardo, che mi ricorda che io sono tutta intorno a quella macchiolina marrone, ma sono anche quella macchiolina marrone. 
Ci sono tanti nei sulla mia pelle. Molti li nascondo, altri li mostro come fossero trofei, tatuaggi naturali del passaggio di qualcuno, recenti o passati, adolescenziali o dimenticati.

E poi ho capito.
E’ così che funziona. L’amore è una doccia calda. Piacevole, infinita, definita quando esiste. Spietata, gelida, instabile appena la doccia si chiude.
Basta acqua, non più sensazioni. Solo dolore.
Rimane la pelle bagnata, le gocce che subito da bollenti pillole di sollievo diventano piccoli ghiaccioli da agopuntura.
E’ così che funziona.
Bugie, ripercussioni della realtà, racconti di mille Shutter Island, di scalinate di Escher senza via d’uscita o maniglioni anti panico.
E poi ho capito.
Funziona che tu sei l’ombra di quella goccia evaporata, neo disegnato, profonda ombra ma evanescente, tu abiti la stessa medaglia con una doppia e opposta faccia. 
Tiro la moneta in aria.
E comunque cada…io sorrido.
Perchè nessuna doccia calda, nessun ghiaccio asfissiante, nessun Cupido sbagliato, nessuna follia, potrà cancellare questo neo, piccolo, insignificante, uguale ad altri cento, dal mio dito.