Quei soldati del mare.

standard 28 marzo 2013 65 responses
Quando sogni il lavoro (e il boss) non è un buon segno.
E poi il sogno si materializza sulla tua scrivania sottoforma di appunti, fotocopie, scarabocchi, post-it, dettagli da non dimenticare e mille altre cose ancora in fase di definizione…e ti rendi conto che non è solo un incubo da far scivolare via con un po’ di acqua fredda sul viso la mattina, ma la tua realtà!

Capo Bianco – Isola d’Elba, luglio 2010
Immaginatevi un ciottolo. 
Di quelli che si trovano a Capo Bianco, Isola d’Elba. Belli rotondi, levigati, che sanno di selvaggio quanto di salmastro, di onde che ti sbattono forte agli scogli, di risacche che ti attirano verso il mare e poi ti lasciano lì, a guardare l’orizzonte piatto, chiaro, acceso di caldo e di miraggi estivi. 
L’ultima volta che sono stata a Capo Bianco c’era il mare mosso. Il cielo era bellissimo, con le nuvole che sembravano stracciatella, era luglio pieno, caldo, vivo, ma non si poteva fare il bagno. Il vento ci sferzava la pelle abbronzata, l’acqua ci rincorreva in quella lisca di terra che rimaneva, costringendoci ad avvicinarci alla parete di scoglio anch’essa bianca. E poi le alghe secche, il sapore del sale sulla bocca, i piedi vicini alle onde troppo forti…e tutti i ciottoli sotto i nostri piedi.
Ogni passo ne prendevo uno tra le mani, per capire se era quello giusto, quello da conservare per ricodo della brevissima vacanza, quello da mettere vicino alla pianta grassa preferita, nella mia serra personale.

Immaginatevi di essere un ciottolo. 
Di essere levigati, bianchi, belli, forti, indistruttibili, sensibili.
Immaginatevi di essere presi tra le mani di qualcuno.
Mi chiudo, la mia forma è imperfetta ma ha un contorno, posso essere scelta. Mi sento leggera e, per essere un sasso, è strano. Mi hanno raccolta, accolta. Desiderata perchè sconosciuta, desiderata perchè con un peso specifico particolare, mai uguale a se stesso, in costante trasformazione. Tutta colpa della corrosione. 
Insomma io, ciottolo tra milioni di altri ciottoli, sono tra le mani sue. E queste mani mi soppesano, mi sfiorano la superficie e scrutano, dai piccoli fori, anche l’interno. 
Il ricordo di un’estate. 
L’insostenibile necessità dell’effimero. 
Essere e scomparire.
Presenza e assenza. 
Io, ciottolo dotato d’anima, guardo queste mani. Anulare, medio, indice. C’è dello spazio, c’è della luce. Ogni giorni si allargano sempre di più, io vacillo.
Trattenetemi vi prego, dita sconosciute. Ma il vento è troppo forte, l’orizzonte così irraggiungibile e attraente, le cose da fare sono tante, la smania incontrollabile. 
E io, ciottolo disarmato, torno sulla spiaggia.
Mentre cado l’aria calda e forte mi accompagna, quasi divento una piuma. Scendo a zig zag, con la dovuta calma.
E non mi dimentico di quanto sia difficile prendersi cura di qualcuno.
Che io sia ciottolo o che io raccolga quel piccolo sasso bianco da conservare, che io abbia una scrivania piena di scartoffie e un mese che mi aspetta denso come la cioccolata calda del bar, io voglio prendermi cura di chi amo. 
Perchè la vita è così fragile, passeggera. Cammino sul filo con il mio ciottolo tra le dita, lascio che il sole illumini le mie lentiggini e la mia pelle opaca di un letargo lungo e recito:

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
Un soldato al fronte, trincee nemiche. 
Scelgo con pazienza i ciottoli da portare con me, che siano peso, zavorra nelle mie tasche, ma libertà e presenza costante nel mio cuore.
Ringrazio Boh e Debora per i loro premi delle settimane scorse. Non sono brava con queste cose e a volte mi dimentico…ma ora ce l’ho fatta! 
Sento la primavera forte, un tumulto. Sento che non devo smettere di leggere, studiare, imparare, conoscere. Perdonatemi se ogni tanto mi prendo qualche pausa dai vostri blog…se lo faccio è per poi tornare più ricca e meno ignorante di prima, almeno spero! Perdere ciò che si è acquisito in anni di studio è così facile, devo recuperare ciò che ho lasciato andare. Prendersi cura di se è la cosa migliore che si può fare per chi ci ama, oltre che per noi stessi. 

– Questo post lo dedico a te, mezzamelina del mio cuore. Sei speciale, te lo dimentichi troppo spesso. Guardati allo specchio e capisci il tuo contorno, la tua intensa energia, il tuo fuoco e le debolezze che hai scoperto. Sono solo dei doni, basta imparare a direzionarli nel giusto modo. Ti voglio bene. –

Run. Tu corri via.

standard 24 marzo 2013 58 responses

Cammini, di fronte a me la tua andatura veloce
Corri
Corri via
Corri perché io potrei non volere altre più labbra se non le tue
Primavera dei sensi
Rimani
Come io sfioro la tua superficie
Che non sia solo spruzzi delle onde di questo sentiero
Invaso dall’acqua
O forse solo un rivolo lento
Adagiato e corretto, composto nel letto del fiume.
Corri
Che il tuo sussurro svanisca
Che le tue ansie si raccolgano come ciottoli leggeri, abbandonati
Nell’ansa più vicina
Dove tutto si confonde, anche noi.
Che non sappiamo più chi siamo
Che abbiamo smesso di rincorrerci
Che siamo perseguitati dalle paure
Che siamo presuntuosi, superiori, incessanti, carichi
Che siamo poco pronti a guardare avanti
E allora guardiamo sempre qui, sempre ora, sempre noi, superbi noi, insieme,
Intrecci
Emozioni
Mani
Come un crescendo 
E invece cade
E si distrugge.
E io cosa sarò adesso?
Un’altra farfalla di vita breve, intensa ma sempre troppo breve
Per me che chiedo solo di amare
E questi cavi d’acciaio tirano troppo forte
Caviglie, mani, tutto si fa albero,
Mio Apollo
Io Dafne
E tu corri
Corri perché i tuoi cavi sono più forti dei miei
Ma sto imparando, lotto con le mie radici, per non tramutarmi ancora 
Per rimanere
Rimanere 
Essere
Vittima
Carnefice
Preda
Amante
Tutto. 

Ma pur sempre senza noi.

Una diversa Firenze

Il fiume

Cavi d’acciaio

A sud del confine, a ovest della Luna.

standard 22 marzo 2013 42 responses
Latitudine 8°30’00 N
Longitudine 31°24’00 E
Coordinate lunari per il vostro sbarco, direttamente nel Mare della Tranquillità.
Io ci sono già stata, non molto tempo fa, ve lo raccomando.
Non se avete paura del buio, perchè lì non c’è molta illuminazione, anche perchè è bello affogarci con gli occhi chiusi, godendosi sommessamente il piacere della pace.
Magari il vostro viaggio dura un attimo, magari una notte intera, qualche ora. Ma provateci, non perdete l’occasione.

Mare Tranquillitatis

Ho gravitato lì per ore. Le mie vene pulsavano, quasi fosforescenti, dentro scorreva una pozione, un sonnifero per la mia perenne agitazione. Il siero per ogni ansia. La fine ad ogni dispersione di energie.
La pace, finalmente.
Chiusa nel mio palloncino trasparente, sempre un po’ goffa, guardavo il buio intorno. E gli occhi, ormai aperti e assuefatti, intravedevano forme, crateri sconosciuti, visti solo immaginandoli, dal mio posto sulla terra.
I palmi delle mani unico mio confine di sguardo, sull’interno del palloncino.
Una strana scoperta, per chi come me ha la presunzione di aver esplorato ogni anfratto della sua persona, una bella scoperta sapere di essere ancora e imprevedibilmente sconosciuti a noi stessi.

La tisana scende calda per la mia gola. Cerco una via per mandarla anche in quelle vene che hanno perso il loro siero, cerco un meccanismo diverso, un percorso, un dirupo dal quale scivolare. 
Mi reinvento e sono sempre la stessa.
Cambio i connotati e sono sempre la stessa.
E mi racconto con parole nuove, ammetto la fatica, ma non sono doma.
Quella tranquillità leggera come una impercettibile bolla di sapone non si è infranta, alle soglie dell’atmosfera terrestre. Perchè il mare, da dove è nata, dove è stata immersa per anni, che le ha regalato quei riflessi pallidi e color avorio, è un mare accogliente, salvifico.
E il siero non è perduto.
E’ perenne.

George Melies – Viaggio nella Luna (1902)

Poi, quando tornate dal vostro viaggio, passate da qui:
Natalia, sangue del mio sangue. 22 anni e tanta voglia di amare. Ha preso da me.
Helena, mia amica, tanto amica.
Vale la pena leggerle.
Ps: il titolo del post è merito di Murakami, il mio scrittore preferito. Ho solo cambiato oggetto celeste 🙂

Il Bacio.

standard 18 marzo 2013 87 responses
Il filo dei pantaloni strappati mi solletica la coscia destra. Sono jeans vecchi, di chissà quale provenienza.
Una cannottiera rosa e i miei capelli lisci, fini, color biondo scuro. Erano già corti, non tanto quanto adesso, ma non superavano le spalle.
Le cicale, le onde del mare, la sabbia tra i piedi. Una pineta di un posto qualunque, in un giugno qualunque, in una città di mare qualunque. Il profumo penetrante della resina, persistente. Il calore di una presenza vicina, il cuore che batte fino dentro le orecchie, i pensieri mescolati, offuscati. L’adolescenza ancora verde, come le pigne su quei pini che disegnano degli strani profili sui cieli d’estate. Così verde da non conoscere il significato delle illusioni, che le uniche lacrime versate sono quelle per gli amori presunti, per chi non sa nemmeno che esisti.
Una pineta e una panchina.
E il primo bacio.

Avete mai pensato a cosa sarebbe la vostra vita senza il Bacio?
Baci.
Bacio.
Baciare. 
Solo pensare alla parola mi provoca una certa difficoltà di espressione.
E così guardo lo schermo e cerco di ricordare.
Quante volte sono morta e risorta dopo un bacio.
Quante volte ne ho solo immaginato uno e desiderato quello che non potevo avere.
Quante volte ho pensato che era meglio non darlo, quante volte ho pregato disperatamente per averne uno ancora, quante volte ero io a non volerne dare. 
Quanti ancora ne darò o ne ho lasciati per strada.
Tutti hanno scritto sul Bacio.
E io sto cercando le parole. 
Ma sfuggono via. Sono lisce come il marmo, come il raso rosso di cui dipingo le mie voglie.
Sono tiepide come il ricordo di quel bacio che io chiamo uno ma in realtà sono stati cento, colibrì che fuggono con il loro rapido battito d’ali.

Una mano sui miei occhi.
Una sul mio collo.
Le tue.
Le mani del bacio perfetto.
Io maledetta e tu, maledetto con me.
Strappami i vestiti gli occhi i sospiri
Abbigliami d’erba e di respiri
Costringimi a guardarti ancora
Costringi questo contatto
E leggi quello che non scrivo
Perchè troppo vorrei dire
Perchè niente può descrivere
Unica testimone la mia Bocca
Piccola e pallida
Non scorre più sangue
Non ci sono più sguardi
Sento infinite sfumature di addio
Mai pronunciate 
Mai così vere
Sei desertico sei cattivo sei solo
Sono cieca sono povera sono avida
Vocabolario smarrito recita una sola parola.

Ancora.

Igor Mitoraj – in un parco di Paris
E così, con un bacio, io muoio. 
W. Shakespeare

C’ero io. Palazzo Vecchio e una poesia.

standard 14 marzo 2013 63 responses
Ci sarà un giorno in cui riuscirò anche a postare il video. Forse.
Intanto queste sono alcune foto e, credetemi, ho fatto uno sforzo sovrumano per sceglierle! Sono tutte Perfette… tutte di Maurizio Picci, il mio Fotografo del cuore, nonchè migliore amico, che forse di voi qualcuno già conosce per questo e soprattuto per il bellissimo progetto ALIENS.
Ma non mi voglio dilungare troppo…godetevi le foto e quel pomeriggio di una settimana fa che tanto mi ha fatto sognare, che mi ha fatto sentire un’emozione nuova, viva e vibrante, che mi ha fatto sudare le mani come una pivella al primo esame.
Le prime volte sono belle, si sa.

La mia poesia Perfetto
 
  

 

La poetessa Fiorenza Alderighi, una persona magica
La mia “sorellina” S. ?

Alcuni dei miei amici presenti ?
 
Maria Cristina Valore e Berenice Boncioli
in arte Cry & Berry
Leggere davanti ad un pubblico, piccolo ma importante, ciò che si scrive con anima e trasporto è davvero un’emozione forte. C’era la mia Firenze fuori, c’era la pioggia. Un febbraio controverso e denso, il libro di una grande amica, ricca di meraviglie da donare a tutti noi, c’ero io. Le mie sorelle, mio babbo e mia mamma. I miei amici. 
C’era la mia giacca blu elettrico e dei ranuncoli selvaggi. 
C’ero io, la mia poesia.
Se ci ripenso non mi sembra vero.

Di nature vive.

standard 12 marzo 2013 71 responses
Jakob van de Kerckhoven (Giacomo da Castello) – Natura viva con galline, colombi, ostriche, arance ed asparagi
Era il lontano XVII secolo. I pittori dell’epoca dipingevano tele di nature morte, nature vive, nature starnazzanti. Usavano gli insegnamenti di Caravaggio per illuminare di chiaro le cucine buie, affollate di cuoche dalle mani esperte e piene di calli, donne di casa con turbanti in testa e pochi orecchini di perla alle orecchie.
Pentoloni di rame, camino, mestolini di legno levigati con cura, cesti di vimini carichi di primizie. E fuori la pioggia. I vetri fini delle finestre che vibrano ad ogni goccia. E quel fuoco che è vita, necessità quotidiana, il vapore alto, colora di rosso il volto delle governanti vicine. Vapore che si attacca alle pareti ruvide che di giallo pallido colorano la stanza.

Ma qui non si parla di storia, non oggi. Non si parla della mia amata arte, non oggi.
Non si parla di ingiustizie, di cucina o di faticosi momenti dell’anima.
Non si parla di poesia e nemmeno di depressione cosmica.
Qui si parla di GALLINE.
Con precisione direi de LE BLOGGALLINE.
Un’intesa nata fin dal primo coccodè. 
Come fossero tanti pulcini curiamo i nostri blog, gli togliamo le piume vecchie, aiutiamo a crescere quelle nuove. Becchettiamo un semino qua e là, sparso nell’aia con amore da chi si prende cura di noi. Diventa un’idea, riempie il pollaio di frastuono. 
Le Bloggalline da qualche giorno sono una realtà, numerosissima, rumorosissima, con mille voci, mille pensieri, mille volti diversi. Come in ogni famiglia che si rispetti ci sono le galline che preferisco, quelle con le quali sono più legata, le vicine di covata, quelle a cui accudirei l’ovetto se me lo chiedessero. Insieme a loro, sotto le piume candide, sotto la paglia che è il nostro giaciglio, mi sono trovata coinvolta in questo fantastico esperimento di condivisione:
Il raduno delle BlogGalline.

Ebbene, oggi ho prenotato il biglietto per Roma, che a fine aprile ci accoglierà, non vedo l’ora di conoscerle tutte, di persona. Perchè molte di loro già le conosco, alcune sono come sorelle ?, altre come amiche di una vita, persone che mai avrei pensato di scoprire con questi mezzi e in così poco tempo.
Tutta questione di empatia. E di condivisione, come dicevo prima. 
Insomma…dietro ad un blog c’è molto di più di quello che si può pensare.
Persone che scrivono, anime appassionate, mani che cucinano, donne, mamme, lavoratrici, appassionate di moda, cuori straziati d’amore, poetesse da scoprire, filosofe della tastiera. E’ un mondo ricco ed eterogeneo, multirazziale e “avido” di conoscenza.
Chiamarci Galline è solo un gioco, uno specchietto per le allodole. 
Non ci credete? 
Leggeteci.

E per le blogger (va bene dai…anche I blogger) che volessero partecipare…fatemi sapere!
Intanto… KEEP CALM AND…

Albicocche a Marzo.

standard 9 marzo 2013 74 responses

Ho imparato a mettermi la matita sugli occhi, senza sembrare un pagliaccio.
Ho imparato a limitare le mie ansie, ogni tanto.
Ho imparato a mangiarmi le unghie,
A boicottare la Nestlè
A guidare la macchina senza uno specchietto
Ad amare cose che mai avrei pensato.
Ho imparato a mangiare gli spinaci,
Ho imparato ad usare uTorrent,
Ho imparato a camminare guardando avanti,
A fare l’ago della bilancia,
A sopportare il dolore di un tatuaggio,
A piangere senza che nessuno se ne accorga.
Ho imparato a guardarmi allo specchio.
Ho imparato a scrivere, dopo tempi morti.
Ho imparato ad usare dieci dita sulla tastiera senza guardare,
A reinventarmi, plasmarmi, essere rigida
A costruire i castelli con le carte
Ad ascoltare ciò che non voglio sentire senza alzare gli occhi al cielo.
Ho imparato che la malattia di un familiare ti condiziona la vita per sempre,
Ho imparato a convivere.
Ho imparato a non bere più latte e non usarne (quasi più) i derivati.
A prendere l’aereo da sola,
A fare la voce cortese quando sono scocciata,
A curarmi ferite molto profonde.
Ho imparato il silenzio,
Ho imparato che il silenzio non è poi così male.
Ho imparato ad usare i miei pregi come delle armi letali,
Ad esprimere ciò che desidero in poesia.
A leggere davanti ad una platea.
A vincere il mio egoismo in favore di chi amo.
Ho imparato che so essere cattiva, in un qualche modo molto temporaneo.
Ho imparato a non scottarmi al sole,
Ho imparato a mettermi da parte i soldi,
A camminare con i tacchi, per poi decidere che non fanno molto al caso mio.
A perdonare,
A porgere mille altre guance.
Ho imparato ad andare sulle montagne russe facendo diventare la paura una spinta,
Ho imparato a dire no.

Ho imparato che posso percorrere così tante strade, senza per forza perdermi qualcosa di quella che ho lasciato, perchè la potrò trovare di nuovo, se così dovrà accadere. 

Non posso mangiare le albicocche a marzo, quindi. 
Anche se ne vorrei un cestino intero. 


E voi? Cosa avete imparato? 
Dopo il Se Fossi… parlatemi di voi…

Prospettive Maremmane di un grigio sabato mattina.
Pratoline impazienti che fioriscono prima che sia primavera.
Ps: Stasera vedrò Interazioni, la mostra poetico-fotografica in collaborazione con Andrea. Poi, appena sarà tutto pronto, vedrete anche qualche foto della mia lettura della poesia in Palazzo Vecchio. E’ andato tutto benissimo ed è stato emozionante. La platea non era pienissima ma ogni volta che alzavo lo sguardo vedevo ognuno di voi ad ascoltarmi, grazie tantissimo per esserci e per aver creato questo girotondo bellissimo di amicizia e sorrisi, non solo virtuali. Grazie davvero. Siete speciali.

Le mie Prime Volte.

standard 1 marzo 2013 69 responses
Nel senso di “esordio”, ragazzi. 
Debutto in società.
Ballo dei debuttanti, quelle cose lì.
Solo che non sarò vestita a festa.
Saranno le mie poesie le protagoniste delle Prime Volte.

Stasera la Primissima Volta.
In grande stile, una mostra.
Un po’ di tempo fa, non troppo lontano, ho avuto la fortuna di conoscere LEI
Una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto. Insieme a lei ho conosciuto il di lei compagno, fidanzato, amore…e fotografo. Una sera, dopo una appagante cenetta nel piccolo rifugio dei piccioncini, Andrea mi ha parlato di una mostra che avrebbe voluto fare, di lì a poco. Insomma, dopo pochi istanti ci ero finita anche io dentro. E non smetterò mai di ringraziarlo per questo (anzi, forse non l’ho ancora ringraziato abbastanza!). 
Stasera, dunque, si inaugura INTERAZIONI.


10 foto.
10 brevi poesie.
10 INTERAZIONI tra il suo punto di vista e gioco di specchi e associazioni della mia mente.
10 piccoli momenti in cui viaggiare, senza per forza avere una meta che sia la stessa con gli occhi e con il cuore.

La seconda Prima Volta sarà a Firenze, giovedì 7 marzo, ore 16.30.

E anche in questo caso devo ringraziare un’amica, la infinitamente dolce Cristina che, con il suo romanzo Perfetto, mi ha dato la possibilità di presenziare alla presentazione del suo libro. 
La mia poesia dall’omonimo titolo verrà letta dalla sottoscritta in Palazzo Vecchio, Sala delle Miniature, alla data e ora di cui sopra. 
Sto già crepando di emozione.
Io, Berry, emigrata in città 11 anni (e poco più) fa, alla tenera età di 30 anni, dopo peripezie, diari scritti, metriquadri di carta consumati, litri di inchiostro prosciugati, faccio il mio piccolo debutto in società.
Tutto ciò ha del miracoloso.

Avrei ancora tanto da dire. 
Sulle Prime Volte, su queste belle persone che ho incontrato.
Ma stasera sono un po’ silenziosa. 
Sono cose che capitano raramente. Credetemi.
Devo approfittarne per far riposare il mio povero cervello, sempre alla ricerca di stimoli e frammenti.
Ora mi immergo in un minestrone caldo e aspetto che passi.
Il silenzio è una brutta malattia a lungo andare.

Vi aspetto. Grosseto o Firenze. Sarà bellissimo vedervi.