UNA STORIA PARTICOLARE.

standard 28 gennaio 2014 11 responses

Ci sono delle storie che per raccontarle servono romanzi, intere pagine di dialoghi, lacrime e fazzoletti sprecati.

Ci sono altre storie più romantiche, a lieto fine, fiabe delicate e dalle guance rosee.
Ci sono poi delle amiche. Che invece che al bar si incontrano in un bar un po’ più…virtuale, pieno di voci, di starnazzamenti, di distrazioni. Queste amiche hanno iniziato a scrivere la loro storia proprio come se fosse un romanzo, passo dopo passo, lasciando che tutto prendesse forma.
Le autrici di questa storia sono un piccolo gruppo di blogger, approdate poi a Facebook: le chiacchiere tra quattro amiche sono diventate la realtà di un gruppo, Le Bloggalline, che conta più di 300 iscritti, in poco meno di un anno!

Le Bloggalline “sono donne, mamme, ragazze, giovani donne, nonne. Timide, estroverse, dei vulcani di energia, confidenti, amiche. Sanno dirti le parole giuste, ascoltare, confrontarsi. Apprezzano le bellezze del mondo e della vita, riflettono davanti alle cose brutte. Fanno tesoro dei momenti speciali, sono sincere, cercano l’armonia. Amano, scherzano, si scoprono nei punti deboli per farsi accarezzare dalle parole dolci di un’amica. Gioiscono come se il successo fosse il loro. Raccontano come se ti avessero voluto lì con te. Si informano come se ti conoscessero da sempre”

È questo lo spirito con cui scriviamo la nostra storia quotidiana, condividendo tutto: l’amore per il cibo, lo scambio umano, il supporto, i consigli e gli incontri, che ne sono diventati la linfa principale. Tutto questo ci ha fatto capire l’importanza del lavoro delle blogger e della presenza di una linea guida, un Codice Etico, che vada a disciplinare coloro vorranno farne parte.
Oggi nasce il blog delle Bloggalline e in esso il Codice Etico al quale tutte ci riferiamo nello svolgimento della nostra passione, quella di blogger.

Le Admin tutte sono liete di rendervi partecipi al lavoro delle ultime settimane che, in collaborazione con un altro piccolo gruppo di amiche Bloggalline, ha portato alla stesura del Codice Etico, presentato all’interno di un blog. 

Il blog delle Bloggalline http://lebloggalline.blogspot.it sarà il contenitore di iniziative, incontri, eventi, raduni e quant’altro!

Il Codice vuole essere una piccola linea guida per le Bloggalline, un vademecum di valori e interessi da tenere a mente, un gomitolo dal quale far partire tanti bellissimi fili colorati, dove ogni colore rappresenta una di noi e il suo contributo all’insieme delle sfumature del gruppo, molto nutrito e ricco di vita.

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CELAPOSSOFARE.

standard 27 gennaio 2014 60 responses
Uno dei tanti ritorni




Ho quasi tutti gli amici a Firenze.

Nessun parente nell’arco di un centinaio di chilometri.
I suoceri a più di quattrocento (fidanzato terrone!).
Ho scelto la mia vita qui, a metà strada tra il Rinascimento e la disorganizzazione.
Ho scelto di vivere qui, credo, ma ogni volta che sto via qualche giorno e torno…mi sento un po’ confusa.
Le cose da fare si accumulano, quelle messa da parte, gli obblighi casalinghi, le scadenze che si rincorrono e le domeniche da scansafatiche si annullano. 
Mi confondo perché metto sullo stesso piano e non so scegliere la priorità.
Alla fine ci scapitano le passeggiate, le torte, i libri, la mia cultura.
Quando parto lascio due gatti, ritrovo due belve assatanate di sangue. Ritrovo dei frammenti sparpagliati di cose non più riconoscibili, i frammenti delle mie cartoline comprate in giro, per i musei, le due belve mi smangiucchiano i ricordi.
Torno e ritrovo panni da lavare, i miei pensieri sul comodino, le parole nel cassetto, detersivi e mensole troppo impolverati.
Allora non rimane che CORRERE. Per schiarirsi le idee, guardare oltre, più lontano ancora, perdersi e trovarsi, mettere alla prova, sentire.
Sentire che ce la faccio, che ci riesco.
Ad incastrare tutto, a fare tutto, ad abbracciare tutti e, infine, a lasciare tempo a me di respirare, seduta sul letto, per scrivere queste due righe.

CELAPOSSOFARE.

Avida di tempo, vi saluto.

Ho le mie scarpe da corsa che scalpitano.

MEZZANOTTE E UN QUARTO.

standard 20 gennaio 2014 71 responses
Questo sonno, coltivato in una notte agitata, è un sonno simpatico. Mi tiene sveglia. 
Palpebre semi aperte, demenza intervallata a frequenti disconnessioni di neuroni, livelli di attenzione pari a quelli di un peluche di mia nipote.
Questo sonno, ha un nome, Giovanni. Ha anche un peso, 3,280 meravigliosi kg di bellezza. Due occhietti che ancora devono scoprire tutto. Delle manine che immagino morbide e profumate, che diventeranno abili cercatrici di guance, avide arruffatrici di capelli, irresistibili vittime di morsi.
Questo sonno si chiama impazienza, amore, preoccupazione, destino, impeto, felicità.
Questo sonno è il primo regalo che mi fa mio nipote, appena nato, in una notte di Gennaio.
Vorrei regalarvi la mia gioia.
Che per una volta non è solo smielatissimo ed appassionato amore, ma amore che ha le sembianze di un essere fragile e profumato di latte, di vaniglia, di dolcezza.

Questo sonno è la mia condanna, in un lunedì in cui ogni peso sembra sollevarsi e svanire, come fosse vapore. Forse è così che dovrebbe essere sempre, ogni giorno che ci sembra insostenibile, ogni giorno in cui il peso delle cose ci schiaccia, o da esso ci lasciamo schiacciare.
Pensare al germogliare della vita.
A come sarà fiorita e colorata.
Al nostro essere figli, zii, fidanzati, genitori, nonni.
Al nostro essere sorelle e fratelli, amici, cognati, indissolubilmente legati a queste radici che ci tengono qui, in vita, per generare in qualche modo altra vita.
Chissà, prima o poi toccherà anche a me, chissà se vorrò scrivere, registrare, fotografare le parole e i momenti…non lo so. Questa è una vita ancora da scrivere. 
Quello che mi importa oggi è la vita che ha iniziato a scrivere lui, senza nemmeno sapere come, regalandoci occhiaie, sonnolenza e stordimento…
Ma un’immensa e rinnovata speranza per TUTTO.

Gustav Klimt – Le tre età della vita (particolare)

TRANNE ME.

standard 14 gennaio 2014 44 responses
Appena ho aperto gli occhi mi è apparso, parola per parola, il sogno fatto.
Ho sognato che compravo una Bentley. Una berlina, rossa, ovviamente con la guida a destra.
La pagavo subito, in contanti, 12.500 Euro. Poi salivo, cercavo di capire come funzionasse e ingranavo le marce…certo, non era immediato, però guidavo. Accanto a me c’era il Bullo, dopo un po’ facevo guidare lui. Mentre andavamo mi ricordo di aver pensato (sempre in sogno) perchè avessi dovuto cambiare auto, visto che la mia Clio andava benissimo…però questo pensiero svaniva senza tormentarmi più di tanto e mi lasciavo trasportare, chiudendo gli occhi, tra le curve dolci che costeggiavano la scogliera.

E mi è venuto in mente l’inizio di una storia. Che poi è solo l’inizio, quindi non serve a niente però, vista la totale assenza di tempo e modo di scrivere due righe in questi giorni, ho cercato di concretizzare lo stesso…

La casa, su una scogliera. Un faro eroso dal tempo e dalla salsedine, una luce costantemente accesa, la luce della salvezza, della speranza, dell’approssimarsi, della vicinanza, del controllo, della costanza. Una moderna Raperonzolo dai capelli rossi fuoco, lunghi e morbidi, come le lingue di sole all’alba del mare.
Capelli rossi, scogliere appuntite e bianche.
Navi che lasciano una scia continua di strette e frequenti onde, cioccolato scuro, che si fonde lasciando le nocciole galleggiare sul mare.
Immagini ricorrenti, racchiuse dentro un nocciolo di pesca, come tante piccole matrioske. Una buccia pelosa e vellutata, un morbido frutto profumato, un rigido guscio bucherellato, un seme di forma allungata con uno strano tesoro all’interno. Il peso è leggero, tra le mie mani, ci gioco, lo tiro in aria, sento il vento sibilare in quei fori.

Vorrei raccontare una storia, tante storie. Vorrei raccontare.
Di me, di quello che succede tutti i giorni, dello spazio e del tempo troppo occupati, di come scorre tutto via e lascia sorrisi, di quelle giornate storte e nate male oppure di quelle felici e piene di occhi lucidi di emozione.
Ieri era così. Un giorno azzurro. 
Azzurro come il cielo di questo inverno caldo.
Azzurro come i palloncini che ho portato a Tommaso, la creatura meravigliosa che è venuta al mondo da mia cugina e suo marito.
Azzurro come lo sfondo del mio computer.
Azzurro come gli occhi del mio Amore, che mi riempie le giornate anche quando non c’è, perchè c’è sempre, sempre, sempre.
Azzurro come il mare che vedo nel mio sogno, mai troppo profondo.
Azzurro come i mondi che vorrei esplorare.
Azzurro di pienezza.
Azzurro di quantità.
Ogni giorno è un simbolo per il quale vorrei inventare un nuovo ideogramma, trovare le parole, le virgole necessarie. Ma ho imparato che non sempre c’è qualcosa di necessario, di indispensabile, di urgente, di ovvio.

TRANNE NOI STESSI.
Jack Vettriano

PIU’

standard 3 gennaio 2014 75 responses

Più un anno.
Più consapevolezza.
Più caramelle.
Più meriti a chi li merita.
Più attenzione.
Più fiducia.
Più spensieratezza.
Più cortesia.
Più baci.
Più semplicità.
Più rughe.
Più coccole.
Più scrivere.
Più puzzle.
Più vita.
Più ispirazione.
Più sguardi.
Più viaggi.
Più tatuaggi.

Un agenda in più su cui segnare i pochi appuntamenti e i molti pensieri, sulla cui prima pagina ho già sbagliato a scrivere, come ogni anno.
Una valanga di pensieri positivi accompagnano questo nuovo e brillante duemilaquattordici e, anche se non sono una fanatica degli anni pari, voglio continuare a pensarepositivo.
Stamani la città dormiva. Dormono tutti i bambini, che ancora non sono rientrati a scuola. Fanno tesoro delle ultime ore di libertà, così come io mi godo le strade vuote, l’asfalto bagnato di pioggia, l’autunno lontano che si fa vivo colorando i lungarni di giallo e respiro le forme di questo anno nuovo. Allontano quelle forme che non mi corrispondono più, in cui non mi riconosco più, quelle che non mi hanno mai vestita e rappresentata. Leggo molte persone, amiche o meno, sui social, sempre più cariche di astio e di invidia, leggo lamentele, leggo incapacità di guardare veramente la propria fortuna, dimenticandosene a fasi alterne. Ecco, queste cose non le sopporto. Dopo tanti PIU’ dico meno diplomazia, dunque, per me diventerà sinonimo di sincerità radicale (cit.).

Vorrei scrivere tanti altri PIU’.
Vorrei parlare con voi, faccia a faccia.
Vorrei abbracciarvi.
Vorrei parlarvi del Natale più bello che ho mai vissuto, con le mie sorelle, con il mio amore e la mia incasinata/casinista famiglia.
Vorrei includere in ogni parola che scrivo il mio passato e farlo risplendere in questo presente, come esperienza necessaria per affrontare il futuro.
Vorrei ago e filo e vorrei saper cucire per imbastire tappeti morbidi dove poggiare i miei desideri. E farli fiorire.
Expecting Winter – Where seasons meet – Erik Johansson
http://erikjohanssonphoto.com/
         

Che sia un anno intenso e gradevole.
Non lo appesantite inutilmente, vi accorgerete magicamente della differenza.
Duemilaquattordici baci, carezze e abbracci!