LA MIA RIVOLUZIONE. LENTA.

standard 25 novembre 2016 8 responses

“Il tempo mi ha cambiato un po’
Il tempo mi ha cambiato un po’
Una cosa sola non cambia mai…”

Trentaquattro anni. Un po’ meno me ne sento addosso, non perché mi sia mai mancata la vita da vivere, ma forse solo perché ne vorrei vivere ancora di più, ogni giorno.

Trentaquattro anni e un giorno, al quale si sommano i pensieri e le consapevolezze di un lungo e importante anno trascorso.

Mi faccio gli auguri, i complimenti, sono stata brava. Non sono tanto fan dell’autocompiacimento, anzi, sto sempre a cercare il mio difetto, il mio errore, il mio problema. Ma no, non è stato un anno semplice. Sono tornata a lavoro dopo i mesi di maternità, sono sopravvissuta a svariati virus dolcemente portati da mio figlio, sono stata drammaticamente assonnata e infelice, impaurita, scossa, in ansia. Ho conosciuto persone meravigliose, molto spesso anche inconsapevoli di esserlo, ho passato giorni felici e ricchi, sotto il sole, sotto la pioggia, sotto l’abbraccio confortante di un amore che non manca mai, quello del mio compagno di vita. Ho trascorso momenti di rabbia e di lotta, con me stessa e non solo, momenti in cui desideravo fuggire e cambiare tutto, stufa di alcune prepotenti banalità quotidiane. E’ stato un anno fatto di 365 giorni più uno. In cui ho imparato, di nuovo, l’amore. In cui ho rimodellato per la milionesima volta i miei approcci troppo aggressivi e insistenti (chissà che sia stata la volta buona), ho ripensato alle amicizie, quelle vere, che voglio trattenere, nonostante tutto. E a quelle che invece basta così.

Me la sono cavata. Essere madre, moglie, amica, collega, donna nel modo in cui io pretendo da me stessa di esserlo non è semplice. Ma è una scelta, tra le priorità più pungenti, quelle di cui hai più bisogno…scegli e te ne prendi cura. Ho scelto me stessa, sopra a tutti. Questo forse non mi è stato perdonato, ma non importa, le strade che si percorrono sono belle perché sono a senso unico, ma la vita lascia sempre spazio alle sorprese, alle ri-scoperte, agli abbracci vecchi ma nuovi. Ho scelto di essere madre, di AMARE profondamente questo ruolo, nonostante i sacrifici, i momenti NO grandi come una casa, la voglia di lamentarsi che ti aspetta sempre dietro l’angolo. Ho scelto l’amore, come sempre, al primo posto nella mia vita.

Ho scelto di cliccare “mi piace” a tutti i post di auguri su Facebook, leggendo ogni parola, soffermandomi su alcune frasi, dediche, passando veloce su altre.

Ho scelto di cambiare, cambiare di una rivoluzione lenta e costante. Basta con le paure, con la solitudine, con l’imposizione della cordialità se non ne ho voglia. Basta con la diplomazia. Con le guerre fredde inutili e senza sbocchi.

La mia rivoluzione. Lenta. Include tutto. Anche te.

“Non ci fossi stata tu
Io oggi come sarei
Non ci fossi stata tu

Oggi non so com’ero vent’anni fa
Oggi non lo so più”
1993 – Boosta

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La mia prima scelta

IL MIO SMALTO.

standard 5 novembre 2015 13 responses

Ho grattato via lo smalto da tutte le unghie, uno smalto che non se ne voleva andare, attaccato al ricordo vicino di un giorno pieno.

Ho detto GRAZIE, tante volte. Ad ogni bacio, ad ogni sguardo, ad ogni fiore che osservavo sul mio mazzolino. Ho detto Grazie per tutto quello che ho sempre paura di non meritare, perché sempre sento un debito enorme verso tutti, per tutto.

Ho camminato sul filo del mio cambiamento, lo faccio ogni giorno per adattarmi a questa nuova vita che cresce con ricchezza e spontaneità, accanto a me. Ho sognato, respirato, voluto, desiderato, osservato. Ho vissuto.
Sono stati dei mesi pieni zeppi di cose, intensi e commoventi, folti come la chioma di un albero in primavera, che rifiorisce verso la sua nuova esistenza. Questi mesi di unione e distrazione mi sono serviti a ricaricare il mio bagaglio di energie per affrontare l’inverno. Perché diciamocelo…essere mamma non è proprio una passeggiata. Giustamente. E’ un compito articolato, di quelli stronzi e infami, che hanno insidie ovunque. Che ti basta una virgola per dimenticare il buono che hai fatto, che ti concentri tanto ma non basta mai, mai mai. Che sorridi anche quando vorresti chiudere gli occhi e dormire, almeno un paio d’ore di fila nella stessa notte. Che poi sei noiosa, perché parli sempre e solo di LUI, tuo figlio, il cuore pulsante di tutto l’amore che riesci a pensare in questo momento. Un amore che ti spezza la schiena, ti fa un po’ incavolare e commuovere, l’unico per cui faresti cose abbastanza impensabili, come mangiare dal suo cucchiaino la sua pappa sputacchiata.

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I progressi di #EliaMirtillo

E pensi di scrivere, lo sogni nelle notti non dormite, di fare come nei film. Scendere dal letto leggiadra e senza fare rumore, prendere il pc e avere la forza e le idee di comporre frasi sensate. Invece se per un malaugurato caso decidi di scedere sicuramente la tua grazia sarà quella di un elefante (addormentato) che sveglierà i pochi minuti di sonno di un piccolo malandrino capriccioso. E quindi pensi di scrivere ma non lo fai per mesi.
E non passi a leggere le tue amiche blogger ormai da troppo tempo, rimandi rimandi rimandi tutto, anche la depilazione delle gambe fino alla sera prima delle nozze, a mezzanotte, quando FORSE hai fatto quello che potevi fare per essere presentabile l’indomani.

A vedere le foto ero abbastanza presentabile, ma avrei potuto fare di meglio. Ed è un po’ quello che penso di  me stessa ogni giorno. FARE MEGLIO.
E mi arrampico sui muri del mio ottimismo, della mia infinita fortuna, del mio mondo così splendido che sembra quasi irreale. Non ho quasi niente eppure ho tutto.

Infinitamente Grazie. A tutti.

A chi era lì il 26 settembre, è stato bellissimo, la nostra festa, speciale e piena di sorrisi, proprio come desideravo che fosse.
Grazie a chi avrebbe voluto esserci ma non ha potuto, a chi passa con me ogni giorno, a chi mi sopporta e supporta anche con uno smile su whatsapp, a chi ho perso per strada, a chi ho dimenticato, ad ogni sguardo che incontro la mattina sull’autobus. Questo è il poco che posso fare. Ringraziare. Perché niente è più scontato di un grazie ma spesso dimentichiamo di dirlo.

Nonostante quanto io cerchi di dare, sarò sempre in debito con la vita per avermi fatto incontrare voi. Siete il mio smalto, quello che non si toglierà mai, nonostante le scalfiture, gli acciacchi, le separazioni e le assenze. Siete ciò a cui non rinuncio e mai rinuncerò.

I DIECI COMANDAMENTI.

standard 1 agosto 2015 2 responses

1. Corri a fare pipì, anche se non ti scappa. Appena si assopisce, si rilassa, chiude gli occhi. Tu, neo mamma, corri. Ti ritroverai a fare versetti direttamente dal wc sperando che il piccolo non si accorga della tua assenza. Perché sia chiaro…appena ti allontanerai di qualche metro i suoi occhi si apriranno, inesorabilmente.

2. Se la mattina ti svegli prima tu del pupo, dopo aver fatto la pipì, lavati il viso. Dedica qualche minuto alla cura (parziale, molto superficiale, ma pur sempre cura) di te stessa. Cara neo mamma credimi…sono questi piccoli dettagli che fanno la differenza.

3. Fai colazione. In piedi, passeggiando tra la culla e la cucina, con i biscotti in mano e il cucchiaino dimenticato da qualche parte. Mangia, in abbondanza. Sembra incredibile ma più sono piccoli più risucchiano tutte le tue energie! Non c’è sempre bisogno di cucinare…le patatine e un succo di frutta diventano un pranzo perfetto in situazioni di emergenza!

4. Fai tante liste. Della spesa, dei film da vedere e dei libri da leggere, dei pannolini che hai usato oggi, di ciò che devi mettere in valigia per il week end. Annota meticolosamente le idee che ti passano per la testa perché, ahimè, la maternità è bellissima ma ingombrante per la memoria.

5. Piangi, soprattutto i primissimi giorni, ogni volta che vuoi. Sfogati, odiatutti, desidera di scomparire, commuoviti e strepita…poi passa. Giuro che passa. Il baby blues di cui ho parlato qualche tempo fa svanisce. Arriva la fatica, la disperazione (talvolta), la solitudine, il silenzio. Ma tutto viene riequilibrato dalla presenza costante dell’amore che si farà largo dentro di te. Non ci sono mamme perfette. Ci sono mamme che AMANO. Tutto il resto è un contorno passeggero.

6. Fai shopping. Che sia on line o al mercato sotto casa, che siano kg di pesche o kg di borse non importa, tu spendi! Anche la notte…tutte quelle poppate a qualcosa serviranno!

7. Sogna. Sogna ad occhi aperti, mentre il sonno vince anche sulla tua infinita pazienza. Sogna vacanze e ricordi lontani, sogna il futuro del tuo bambino, sogna il tuo vestito da sposa (nel caso ancora dovessi sposarti…), le scarpe che vorresti, il mutuo estinto, che domani non sia caldo come oggi. Sogna un altro figlio, perché nonostante la fatica già speri che accada di nuovo. Sogna e non smettere mai di accendere i tuoi occhi di fronte alla vita, al desiderio, a te stessa, alla magia delle piccole cose, ai sorrisi.

8. Sii felice. Tu, neo mamma, hai una forza incredibile. E non solo nei muscoli ma anche nella testa. Quindi non hai nessuno ostacolo per non essere felice e soddisfatta di ciò che fai.

9. Bacia. Sgranocchia i suoi piedi morbidi, accarezza la testa (pelata), scorri con i polpastrelli le gambe che sembrano velluto. Innamorati di tuo figlio. Innamorati dei suoi momenti no, perché sembreranno più semplici. Guarda in faccia ogni giorno sapendo che, per quanto potrà essere difficile, tutti gli sforzi fatti saranno in qualche modo soddisfatti.

10. Resisti. Questi che hai appena passato sono solo i primi mesi. Il peggio, dicono, arriverà. 🙂

Scrivo a ruota libera, senza alcuna pretesa di verità, questa è la mia piccola, microscopica, insignificante esperienza maturata nei primi 3 mesi e mezzo, dopo aver messo da parte i primi momenti di terrore e incapacità.
Scrivo perché iniziano le vacanze, non le mie ma quelle del papà. Scrivo perché ogni tanto mi ricordo ciò che ero prima di quel 15 aprile: una donna con tante parole. Ora sono una donna con tante tette. Entusiasmo immutato ma molto meno tempo per fare ciò che mi passa per la testa, anzi, il tempo è talmente poco che spesso nemmeno so cosa mi passa per la testa. Agisco secondo i miei comandamenti perché, in ogni caso, il TEMPO è una bruttissima bestia. Ogni secondo che passo Elia cresce, diventa grande (ai miei occhi) e, credetemi, non voglio perdermi nemmeno un secondo di lui, finché potrò averne la meravigliosa possibilità.

patato

You’re Amazing <3

Perdonate gli errori, gli strascichi patetici di una giornata piena, le parole ripetute e la mia assenza.
Sono leggermente assorbita da questo Mirtillo ingombrante e bellissimo.

INTENSITA’.

standard 17 giugno 2015 12 responses

Passo le notti a scrivere nella mia testa. Se avessi la forza prenderei il computer e lo farei. Oppure un pezzo di carta, una penna che scrive poco, la luce soffusa. Ma la forza mi manca, forse anche la volontà, la pazienza e le mani, che sono impegnate a sorreggere un piccolo esserino di quasi 6 kg. Sorreggo lui e anche il lumicino rimasto di energie, che mi permettono di respirare aria pura quando mi sento soffocare. Guardo in alto, cerco il sole anche nelle giornate grigie, cerco i fili dei gomitoli che passano e non tornano, non riesco a prenderli, sono troppo rapidi, troppo mimetizzati, poco visibili. Sono distratta, assorbita da questo vortice nel quale non voglio finire inconsapevolmente ma con la certezza delle mie capacità. Le cerco come si cerca il numero giusto nel sacchetto della tombola. Con la differenza che questo non è un gioco e probabilmente il numerino che aspetto è finito proprio in fondo…si fa attendere, come tutte le cose necessarie. E’ nascosto, come tutte le belle sorprese. E’ un numero magico, quello che aprirà la combinazione? Non lo so, forse non esiste nessuna combinazione, nessun lucchetto, nessun numero da trovare. Esisto io, esiste la sua nuova vita che si fonde con la mia, dobbiamo lasciarci andare, trovare il nostro incastro, quello che mi permetterà di vedere tutto ancora più magico.

Poi mi vedo riflessa nei suoi occhi grigi. Questa vita variopinta si diffonde davanti ai miei piedi, la percorro, la respiro, la trasformo. Lui mi guarda, mi sente, odora. Si rilassa, vive, impara e io imparo con lui. E’ un oceano di guizzi, onde anomale e imprevedibili, ingestibili momenti di euforia e piatti silenzi di contemplazione.

Queste parole sono in stand by da 20 giorni e più. Il tempo scorre inesorabile e quasi non le sento più mie. Perché qui tutto cambia minuto dopo minuto, soprattutto in un rapporto a due così intenso…dove la frequenza delle interazioni è altissima.

Vi lascio queste parole un po’ stantie ma sentite, ricche di sentimento e musica. Perché è così che ora vedo la mia vita. Ricca, musicale (come un carillon stonato) e piena d’amore.

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Piedini che crescono…

 

iFood. What else?

standard 23 marzo 2015 26 responses

Tante parole, tanto scrivere, entusiasmo, correzioni, bozze, mail, distanze colmate, skype/whatsapp/facebook fino alle ore più tarde della notte, sguardi gelosi del fidanzato verso il computer…e ancora notifiche su notifiche su notifiche.

Ma poi arriva il gran giorno. Proprio come fosse un matrimonio, una primavera nella primavera, un sentimento di quelli che ti stordiscono e ti lasciano senza fiato. Che scrivo da secoli già lo sapete, anche che frequento un gruppo di sgallinate bellissime che parlano soprattutto di cibo. Queste due cose, come un’alchimia magica, si sono unite in un progetto incredibile…grazie alla passione, all’attenzione, alla cura, agli interessi comuni, agli stimoli, alle idee e…tante altre cose, è nato iFood. Non sarà il solito portale sul cibo, uguale a mille altri. Sarà il portale dei BLOGGER. Dove ognuno potrà curiosare, commentare e partecipare. Dove si potrà chiedere e trovare risposta. iFood E’ il nuovo sito italiano sul cibo, sulle news, sugli eventi, sul piacere della condivisione, sui viaggi, su come il cibo nell’arte e nella storia è arrivato fino a noi, sulla poesia di un mestolo, sul profumo di ogni singolo ingrediente.

iFood siamo Noi. Blogger e food blogger innamorati della cucina che raccontano quello di cui avete bisogno. È fatto di posate, ingredienti, persone. Dell’errore che ha fatto realizzare un’indimenticabile ricetta. Del rumore della crosta del pane. Delle mani infarinate, degli odori che rimandano ad un viaggio, al piatto assaggiato in un mondo lontano.

Siamo amalgamati, menti distinte, limpidi, chiari, ingarbugliati come le maglie di una frusta per dolci, sottili e affilati come un coltello giapponese. Blogger che sono autori della loro passione, scrivendo parole in grammi e in lunghi racconti di vita, viaggi, tradizioni.

iFood è la nostra nuova casa, dove vogliamo far sentire accolti tutti coloro che passeranno, anche solo per un clic.

Innamoratevi della cucina, insieme a noi.

Collage contributors

…dove i blogger ci mettono la faccia!!! – www.iFood.it

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DI GIALLO VESTITA.

standard 13 marzo 2015 18 responses

Lascio entrare il sole.
Faccio cose sconvenienti. Procedo. Apro tutte le finestre, lui impietoso si posa ovunque. Si posa anche in quei posti dove mai vorresti, nella tua parte più irascibile e polemica, quella permalosa, che raccoglie le mie acute quanto inutili passioni e (forse) attitudini.
Miei pochi e tanto cari lettori, voi che approdate qui in punta di piedi, leggete qualcosa e fuggite via sappiate che io non sarò mai quella da mille clic al giorno. Non troverete mai la ricetta giusta per la felicità. Questo è solo il mio misero diario, in cui posso continuamente permettermi di sbagliare senza dovere di giustificazioni. In cui non devo trovare per forza ispirazioni, citazioni, documenti che attestino cosa sto scrivendo. Qui è tutto mio. Qui il sole può entrare, uscire, esplorare ogni angolo, non c’è niente di nascosto. Io, egocentricamente io, egoisticamente io.

Lascio entrare il sole e, con lui, anche le ombre.
Dove c’è luce ci sono sempre anche loro in cammino. Si fanno accarezzare, sono anche un po’ subdole a volte, ma sono necessarie. Mi fanno trovare quell’equilibrio tra l’essere fessa (che mi ha sempre contraddistinto) e l’essere centrata in questa realtà talvolta così decentrata. Mi convinco che tutti i conflitti interni siano un arricchimento, guardo avanti e trovo le mie debolezze un ottimo punto di partenza per non sentirmi migliore di nessuno, semplicemente per sentirmi come voglio essere. Tutto il resto può anche uscire, non c’è spazio per il superfluo, per le rabbie, le invidie, le occhiate maligne e i finti sorrisi. Se non trovate la strada verso la porta vi accompagno io, perché non voglio interferenze, se non per rendermi conto di quanto non assomiglierò mai a nessuna di queste situazioni sporche.

34+4

Gialla e in forma. Rotonda.

Lascio entrare il sole,
mi vesto di giallo mimosa.
Lascio che il futuro sia più chiaro,
affollato o solitario non importa.
Lascio che sia un lieve buongiorno,
in questo traffico di parole.
Lascio che tutto avvenga,
senza regole.

GIORNI FELICI.

standard 24 novembre 2014 29 responses
La mia musica preferita per svegliarmi.
I calci del mio bambino che mi fanno aprire gli occhi prima del solito.
Le carezze del mio amore.
I regali.
I messaggi a mezzanotte spaccata e quelli che arriveranno in ritardo.
Mangiare la crostata fatta da mamma con le mie colleghe.
Il sole che splende nonostante sia autunno inoltrato.
Il profumo del mandarino sulle mani.
Il click sul MI PIACE per ogni augurio ricevuto.
I biglietti pieni d’amore.
I sorrisi delle persone che amo.
Il sorriso se guardo indietro. 
La dimostrazione che la felicità non è un traguardo ma un percorso.
Sapere che ciò che faccio è un’impronta indelebile che rimane ma allo stesso tempo osservabile da tante prospettive.
Tutto serve.
Tutto torna.
Tutto e niente.
Le battaglie perse, quelle non combattute. Quelle amare, quelle che mi hanno portato dove sono adesso.
Non vorrei essere che io, adesso, qui.
E imparare a vivere ogni giorno come vivo oggi, trasmettere la forza del mio sorriso a tutti, renderlo un virus, un’epidemia instancabile e sana.

 

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte, 
succede solo che sono felice 
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
 
Camminando, dormendo o scrivendo, 
che posso farci, sono felice. 
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie, 
sento la pelle come un albero raggrinzito, 
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima, 
il mare come un anello intorno alla mia vita, 
fatta di pane e pietra la terra 
l’aria canta come una chitarra.
 
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.
 
Ode al Giorno Felice – Pablo Neruda
 
Sono felice.
 
Joie de vivre – H. Matisse
 

LUCY.

standard 19 ottobre 2014 65 responses
Estremismo.
Sempre sbagliato.
Sempre scelto per poca capacità di vivere.
Sempre scelto per riempirsi la bocca di parole, proclama, rabbia.
Sempre e comunque esagerato.
Gli estremi non mi piacciono.
Che si parli di politica, di disastri ambientali, di tragedie annunciate o non, di attacchi terroristici, di shopping o blogger con manie di protagonismo.

Quest’estate ho conosciuto una signora. Anziana, piena di capelli vaporosi e biondi. Con il rossetto un po’ in disordine e tutto il resto in perfetta armonia.
Ero in aereo, già seduta al mio posto, scalpitante di rientrare a casa dopo 15 giorni di lavoro estenuante in Sicilia, per l’evento di cui mi occupo per gran parte dell’anno. La sera prima il volo era stato cancellato, mentre già pregustavo l’abbraccio del mio amore in aeroporto. Invece un’altra notte lontani, io relegata con tutto il carico dello stress, dei pensieri e del malumore in un hotel periferico e freddo, come tutti questi non luoghi di passaggio e scarsa permanenza, che mi lasciano sempre addosso strane sensazioni. 
Insomma, non stavo nella pelle. Lucy è arrivata chiedendomi di alzarmi, perché i due posti liberi vicino a me spettavano a suo figlio e lei. E pensare che quello non sarebbe stato il mio seggiolino, mi ero spostata per far viaggiare insieme una coppia. Mai credo di aver fatto una scelta migliore.
Lucy, non ti scorderò mai. Non so perché non ti ho chiesto nemmeno il numero di telefono, forse doveva andare così. Sei stata un incontro prezioso. Uno di quegli incontri che vanno metabolizzati, assorbiti, collocati, che ti lasciano quasi incapace di descriverne cosa ti hanno lasciato. 
Si è seduta vicino a me, il posto al finestrino per il figlio disabile, con un leggero ritardo fisico e mentale. Lui, l’ultimo dopo 3 figlie in uno splendido matrimonio, con un amatissimo e scomparso marito. Lucy, professoressa, donna, madre, moglie, nonna. Siciliana figlia di emigranti in Argentina, che ha desiderato tornare nel suo paese d’origine, al quale si sentiva così tanto legata. Ogni sua figlia una storia, ogni dettaglio un frammento da conservare nel cuore. 
Il volo è stato terribile. Era fine luglio ma c’era un forte temporale, tutto si muoveva in quell’aereo, ed io, impauritissima, mi concessi qualche lacrima. Lucy mi ha tenuto per mano, non so nemmeno io per quanto, mentre Ezio, suo figlio, se la rideva come un matto perché a lui piace il cielo, perché per lui il cielo è il massimo della meraviglia che si può raggiungere e perché così, anche se succede qualcosa, siamo già sulle nuvole. Piangevo, sorridevo, Lucy mi consolava e raccontava, raccontava, raccontava. Mi raccontava di quando, dopo la morte di suo marito, decise che non avrebbe mai messo se stessa in un cassetto. Non avrebbe mai amato un altro uomo ma lei, donna, aveva il suo spazio e la sua vita, nonostante tutto. Per questo, mi spiegava, portava sempre il rossetto con se e sulle labbra, perché, guardandosi allo specchio, avrebbe dovuto piacersi, amarsi, sorridere alla vita. Aveva 4 figli da crescere e niente da lasciare indietro. Ha insegnato per anni spagnolo, ha tradotto testi, continua tuttora a farlo come specialista per i tribunali, in giro per l’Italia. Non ricordo se mi ha detto il suo cognome. Ma la sua stretta di mano, i suoi orecchini e collana bellissimi, i vestiti curati, il beauty sulle gambe con le caramelle per Ezio, il rossetto, i fazzolettini, la moneta pakistana portafortuna che mi ha regalato, forse per farmi credere che il nostro incontro sia accaduto davvero.
Cara Lucy, quando l’aereo barcollava mi hai detto di pensare al mio matrimonio. Di pensare ai miei nipoti, alle mie sorelle, al mio amore che mi aspettava all’arrivo. Ti sei commossa quando ci siamo salutate e mi hai detto “Io faccio il tifo per te”. Un volo Catania – Firenze non dura molto, giusto il tempo di uno sguardo fugace. Dura il tempo di un incontro scritto nelle nostre vite. 
Perché io dovevo volare il giorno prima, non dovevo essere seduta lì. Un senso dovrà pur avere tutto questo.
E il suo tifo, nella mia vita fortunata e bella, è arrivato alla grande. 
La settimana dopo, come tutte le successive fino ad oggi, sono state stravolgenti.
Stravolgenti in senso bellissimo, cara Lucy.

Un piccolo cuore ha iniziato a battere 
nei giorni dopo il nostro incontro, e cresce. ?

Abbiamo comprato casa.

Sto toccando con le mani così tanti sogni che non mi sembra vero. Il tuo tifo è arrivato tutto. Pieno, vero, sincero.
Le tue mani rugose sono state un dono infinito, così come i tuoi occhi azzurri e pieni di speranze.
Grazie.

Questi siamo noi. Mirtillo, papone e io.


Lucy, incontrarti è stata la conferma di quello che mamma mi dice quasi ogni giorno. 
Che la nostra vita è un dono, che quello che ci succede è prezioso, che ciò che seminiamo, con grande fatica e a volte anche dolore, poi piano piano germoglia, e non quando lo scegli te, secondo una pianificazione perfetta. E’ perfetto il tempo che sceglie perché evidentemente non poteva esserci un momento più o meno adatto. 
Lucy, incontrarti è stato come è per qualcuno incontrare mia mamma che, sul treno, fa amicizia con chiunque le sia accanto. Chissà come queste persone rimangono colpite da lei, che è un’anima speciale, come te. Certo, sono di parte, è la mia mamma.
Oggi è anche il suo compleanno.
Spero di regalare a mio figlio l’educazione, la gioia di vivere, la correttezza e l’onestà come lei ha fatto con me e le mie sorelle. Mamma mi ha avuto a 23 anni, dopo poco più di un anno dalla mia sorella maggiore. Era praticamente una bambina, ingenua e pulita. Io sono meno bambina ma sempre pulita e senza malignità. 
Cara Lucy, ti scrivo e credo che mai potrai leggermi, ma lo faccio commossa, perché ti parlo di grandi cose. La mia giovane mamma che continua ad essere la mia più saggia compagna di vita, il mio corpo che si modifica e cresce, il mio cuore che non è mai sazio ma sempre consapevole della propria fortuna, regalata e meritata allo stesso tempo, la mia vita piena d’amore.
Mi cadono le lacrime sulle guance e sulla pancia.
Sono così ricca nella mia povertà, ma non ho bisogno di altro.

Nessun estremismo, solo amore incondizionato.
Grazie Lucy, della tua traccia. 
Grazie Mamma, delle tue innumerevoli tracce. 
Auguri.

ARRENDERSI ALL’AMORE.

standard 12 settembre 2014 25 responses
Scrivo e cancello.
Scrivo e riscrivo.
Penso, scrivo e ripenso.
Cosa voglio dire proprio non lo so.
E’ che ieri sera ero ad una esposizione di oggetti di design auto-prodotti e pensavo a quello che io non ho mai realizzato. Non ho mai auto-prodotto quasi niente.
Una torta non vale. La pasta fatta in casa nemmeno.
Non ho mai realizzato fino in fondo una cosa per cui tanto ho combattuto: rendere lavoro la mia passione. Forse perché le mie passioni sono sempre state così tante che non sono mai stata capace a renderle concrete? Sempre più mi rendo conto che tutto sta diventando possibile, che si generano mestieri su mestieri, a volte un po’ fuffa (secondo me), che si creano opportunità. E io sono sempre più stordita ad ammirare chi ce la fa, a stare dietro a tutto, a correre nella stessa direzione di tutta questa baraonda.
Io, alla fine, non posso lamentarmi se decido consapevolmente di rimanere ferma.
Forse perderei la mia “poesia”.
Forse diventerei troppo 2.0.
E non ho mai creduto che certe cose si potessero veramente incontrare. Come quando si mette pace e guerra nella stessa frase. Non possono coesistere se non contrapposte.
La poesia si evolve ma non va nella stessa direzione della tecnologia, della comunicazione, dei social, dell’esposizione a tutti i costi.
E’ spesso una cosa privata, difficile da capire, ermetica e sfuggevole.
Quindi…il lavoro dei miei sogni non esiste. Unire la scrittura, la comunicazione, la poesia, l’arte, i musei, gli allestimenti, gli eventi, le esposizioni, la cultura, il marketing (e guadagnare anche qualcosa). Mi sono arresa.
Ma se questo è il prezzo da pagare per la mia vita di adesso va benissimo così.
In fondo, arrendermi, è stata una mia scelta.

Arrendersi però è piacevole.
Scivolare nella sensazione di appagamento data da quel mix di ingredienti che, dopo alcune peripezie fantasiose ed evitabili, ti sono arrivati tra le mani.
La zuccherosità di uno sguardo.
La rotondezza melliflua di un uovo.
Il vulcano di farina che mi abbraccia.
La semplicità di cottura, a fuoco lento di baci costanti.

E ora sospiro. In questo piccolo spazio vitale controllo l’orologio.
Non rimanere che aspettare le 18 per arrendermi, di nuovo.
Raymond Peynet – Lovers

LA CASA NELLA PRATERIA.

standard 5 settembre 2014 15 responses
Mi trasformo.
Se venite a casa dei miei stasera ve ne accorgerete.
Appena, anche solo con il pensiero, tocco la Maremma…divento un’altra.

1. Penso solo al cibo.
2. Mi addormento ovunque, soprattutto sul divano.
3. Le mie sorelle abusano della mia persona, mentre dormo, nei modi seguenti: mi fanno fotografie con i loro piedi sotto il naso o con un cartello sopra la testa con scritto PUZZO e poi le pubblicano su facebook con il mio account, distruggendo in un secondo il mio curatissimo profilo. E la cosa mi fa anche ridere.
4. Mi abbiglio in modi molto opinabili. Tanto stiamo in campagna.
5. La mia iperattività si smaterializza lasciando spazio al più totale rilassamento fisico e mentale.
6. Anche solo percorrere 2 chilometri per arrivare in paese (con la macchina) mi crea fastidio e stanchezza. Quando sono a Firenze faccio molto peggio!
7. Oltre a pensare al cibo mi nutro come se non ci fosse un domani. E una bilancia ad attendermi, perlomeno nella mia coscienza.
8. Faccio qualche passeggiatina nel verde tollerando la presenza degli insetti. Ovviamente piccoli. Ovviamente molto piccoli e molto innocui.

La cosa più divertente di tutto questo è vedere l’integrazione del Bullo. In fondo non è molto che siamo fidanzati ma quando andiamo lì anche lui si sente A CASA. Ormai le mie sorelle hanno preso il sopravvento anche su di lui, il cibo anche e l’incapacità di intendere e di volere pure. Ma che ci volete fare. L’amore a volte diventa la piacevole scusa per trovare un’altra casa, oltre alla propria.
E quindi mi sento così fortunata.
Fortunata perché mi hanno insegnato ad amare le piccole cose, ad individuarle nel marasma, a gustarmi ogni momento come se fosse un regalo. E nella mia trasformazione da donna di città a figlia di campagna rimane sempre il mio cuore.

Il cuore non si trasforma.

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
Alda Merini

Battiti su battiti su battiti su battiti…