PIU’

standard 3 gennaio 2014 75 responses

Più un anno.
Più consapevolezza.
Più caramelle.
Più meriti a chi li merita.
Più attenzione.
Più fiducia.
Più spensieratezza.
Più cortesia.
Più baci.
Più semplicità.
Più rughe.
Più coccole.
Più scrivere.
Più puzzle.
Più vita.
Più ispirazione.
Più sguardi.
Più viaggi.
Più tatuaggi.

Un agenda in più su cui segnare i pochi appuntamenti e i molti pensieri, sulla cui prima pagina ho già sbagliato a scrivere, come ogni anno.
Una valanga di pensieri positivi accompagnano questo nuovo e brillante duemilaquattordici e, anche se non sono una fanatica degli anni pari, voglio continuare a pensarepositivo.
Stamani la città dormiva. Dormono tutti i bambini, che ancora non sono rientrati a scuola. Fanno tesoro delle ultime ore di libertà, così come io mi godo le strade vuote, l’asfalto bagnato di pioggia, l’autunno lontano che si fa vivo colorando i lungarni di giallo e respiro le forme di questo anno nuovo. Allontano quelle forme che non mi corrispondono più, in cui non mi riconosco più, quelle che non mi hanno mai vestita e rappresentata. Leggo molte persone, amiche o meno, sui social, sempre più cariche di astio e di invidia, leggo lamentele, leggo incapacità di guardare veramente la propria fortuna, dimenticandosene a fasi alterne. Ecco, queste cose non le sopporto. Dopo tanti PIU’ dico meno diplomazia, dunque, per me diventerà sinonimo di sincerità radicale (cit.).

Vorrei scrivere tanti altri PIU’.
Vorrei parlare con voi, faccia a faccia.
Vorrei abbracciarvi.
Vorrei parlarvi del Natale più bello che ho mai vissuto, con le mie sorelle, con il mio amore e la mia incasinata/casinista famiglia.
Vorrei includere in ogni parola che scrivo il mio passato e farlo risplendere in questo presente, come esperienza necessaria per affrontare il futuro.
Vorrei ago e filo e vorrei saper cucire per imbastire tappeti morbidi dove poggiare i miei desideri. E farli fiorire.
Expecting Winter – Where seasons meet – Erik Johansson
http://erikjohanssonphoto.com/
         

Che sia un anno intenso e gradevole.
Non lo appesantite inutilmente, vi accorgerete magicamente della differenza.
Duemilaquattordici baci, carezze e abbracci!

Nebbia.

standard 16 dicembre 2013 31 responses

Scivolo con i pensieri e con le braccia, sul bordo della vasca appoggio le mie membra stanche.
Sono livida, stanca, poco cordiale, ma sempre innocua.
Non ho ancora varcato il confine. Mentre mi bagno la punta del piede sento che mi abbandona anche l’ultimo entusiasmo remoto, mi lascio andare.
L’acqua risponde alla mia richiesta, mi coccola, mi scalda, rende le mie palpebre pesanti. Si incrociano le ciglia e chiudo gli occhi, sommersa dalle piccole onde del mio profumato bagno.
Galleggiano le bucce d’arancia, i miei capelli si bagnano al gusto di agrumi, sento le essenze insistere per entrare nel mio naso.
Sono circondata. Questo vapore come nebbia copre tutta la stanza. 
Continuo il mio bagno, non c’è più una vasca, non c’è più nessun bordo, sento il frusciare delle foglie, delle canne di bamboo.
L’acqua è fredda. Io sono livida, di un livido inverno, sono gelida, di una gelida nebbia.
Le mie mani si muovono nell’ombra di questa notte, lascio che mi avvolga.
Pensieri, braccia, capelli, profumo, non sento più niente.
La morte di Marat (1793) – J. L. David

Mi piace scrivere. 
Ci provo, anche quando non mi sento particolarmente ispirata, anche quando c’è la nebbia che mi offusca la visione delle cose, anche quando sono polemica, triste, pensierosa, invischiata, ammuffita. E’ facile cadere nei tranelli quotidiani del fare per non fare. Ogni tanto mi ci lascio trasportare, per comodità, per indolenza, per mancanza di energie. Ma in realtà, e questo lo imparo quando la nebbia si dirada, il tempo c’è sempre, per fare le cose che veramente amiamo fare. E allora si mette da parte tutto, anche quelle lacrime che si ostinano a rendere tutto più difficile, ma allo stesso tempo ripuliscono e sciolgono molti nodi.
Ci sono delle convinzioni di cui mi riempio la testa, delle ansie di cui imbottisco le mie giornate come se fossero dei grandi bomboloni strapieni di crema.
E poi viene il tempo per lasciar andare tutto e dire: Ok. Non ho scritto nulla in questi giorni. Però ho fatto molto. E quindi mi do pace, mi perdono, ecco. La mia sensibilità mi si ritorce contro, a volte…anzi, forse molto più spesso di quello che credo, si trasforma in insicurezza e domande. E allora quel tempo, che già è poco e soffocato, lo riempio di punti interrogativi, che si intrecciano, si accavallano, mi perseguitano fino a farmi mancare l’aria.
Fortuna che poi non muoio. Nessuno viene ad uccidermi di soppiato nella vasca da bagno, e non perchè non ce l’ho, ma perchè non c’è niente da ammazzare, se non un’immagine di me che devo riuscire a dimenticare, nella quale ogni tanto mi rifugio per compatirmi e subito dopo odiarmi…e fuggire di nuovo. 
Io sono quella dei sorrisi. Dell’entusiasmo, della follia buona, delle piccole cose.
Sono otto mesi che il mio coinquilino non è più solo un coinquilino. Lui ha la chiave per capire i miei punti interrogativi. Li prende, li stira, li rigira. Adesso hanno tutti la forma di un sorriso. 
(Non nego che a volte anche lui non sa molto bene come fa, perchè io sono una rompiscatole non indifferente…però poi alla fine ci riesce sempre!)
E quest’anno non vedo l’ora che sia Natale. Per nessun’altro motivo che stare con le persone che amo.
Abbracciare le mie sorelle, i miei, la mia nipotina, il pancione di mia sorella e avere con me LA persona che voglio accanto.

Buona settimana, che sia piena di punti interrogativi in trasformazione. ?

Irregolare e profumata (come la buccia di un pompelmo rosa).

standard 31 maggio 2013 73 responses

Tutto comincia da qui.

Giuseppe Sanmartino – Cristo velato (1753)

Perchè anche se studi storia dell’arte per anni, non è che ti puoi ricordare tutto. Ti basta poi un accenno e qualcosa ti risveglia delle emozioni. Dopo aver vissuto l’arte in modo accademico adesso la vivo in modo emozionale…o forse sono sempre andate di pari passo, solo che adesso è molto più forte ciò che sento piuttosto che ciò che so, quando guardo un’opera. 
La mia sensibilità mi fa esplorare ogni volta delle curve mai viste, di quel velo sul volto. Ed è come se lo toccassi, se lo sentissi su di me. Lo vedete quasi impalpabile, leggero, ma è marmo. 
Pesante, bianco, puro e duro. 
Che abilità nel tradurlo in leggerezza, nel renderlo come un sottile strato di cipria, da spazzolare via con un soffio di vento, come faccio ogni mattina sulle mie guance, colorandomi di rosa chiaro, per non essere pallida e vulnerabile.
Tutto comincia dove decido che debba cominciare.
E oggi si comincia dal ricordo di un velo. Quello che copre la mia testa di nero, quello che mi comprime così forte da non farmi ricordare come si prende fiato, immersi nel nulla.
Ed è così profondo, così scuro, infame, bastardo, sleale, che combattere non serve, se non a farti affogare ancora di più. Anche se mi impongo di stare a galla, annaspo.
Quel velo è la P A U R A. Con la P maiuscola.
Ti spara alla schiena, prima che tu finisca di camminare verso il punto accordato, non si fa guardare negli occhi.
Ti spegne tutti i pulsanti, i ricettori coscienti dell’amore. 
Tutti abbiamo vissuto qualcosa che ci ha attaccato addosso delle macchie nere di pece, le mie le conosco bene. So quanto sono grandi, profonde e vorticose, ma quando decidono di staccare la mia spina con i sensi mi lasciano inerme. Ho paura e basta, in quel momento. Che duri un minuto o un pomeriggio, non riesco a vedere, è orribile. Rimango ferma, immobile, in uno spazio in cui non c’è niente. 
Il velo mi soffoca, il buio mi invade.
Poi passa. Non so come sia possibile, passa. Ti svegli la mattina e l’unica cosa in cui affoghi sono gli occhi azzurri della persona che ami. E nel muffin al cocco fatto la sera prima.
E hai bisogno di riempire le tue ore di quella frivolezza solare che scolpisce ogni giorno la tua vita, senza malignità, senza nascondigli, senza angoscie e impervi e tortuosi percorsi.
 
Tutto comincia dove io decido che debba cominciare.
Comincia che il buongiorno che scrivi ad un’amica diventa il tuo post. 
Il post composto come una torta a strati.
E quindi inizia dall’arte e finisce con un sorriso.
E io con lei sono un soffione. Abbiamo due cervelli che se ci soffi sopra sfuggono alla scatola cranica (dice Sandra). Sempre più poveri di materia grigia, ogni giorno (dico io). Poco cervello e scappaticcio (dice lei).
Perchè io ho un’amica che dice che siamo (io e lei) fiorite come due zucchine.
E grulle come i grilli alle Cascine.
E io aggiungo che siamo fave come le fave.
Genuine, vive, pur sempre GALLINE.
“La mia amica mi dice di sorridere, di essere felice oggi perchè oggi conta e non domani.
La mia amica mi dice di essere positiva e piena di amore perchè l’amore chiama l’amore e noi (io e lei) non sappiamo vivere senza l’Ammmmmore, quello con la A MAIUSCOLA e con tutte le mmmmm del mondo.
La mia amica mi dice che mi vuole bene.”
 
Grazie Sandra. Io ti dico che sei speciale.
Oggi sono un cerchio che si chiude.
Ne decido l’inizio e la fine.
Senza che mi giri la testa.

(Siete confusi? Lo faccio per confondere la paura. Sia mai che volesse tornare.)

Quadreria Barocca

standard 15 gennaio 2011 2 responses

lo spazio di un sorriso.
lo spazio e il peso di un sorriso.
lo spazio, il peso e il calore di un sorriso.
è questo che sentono i miei occhi socchiusi stamani, è questo che vorrebbero descrivere, è questo di cui vorrebbero parlare, è per questo che continuano a osservare oltre.
fuori dagli schemi, dai limiti, dalle ombre disegnate da un passato ingombrante, da chiunque non abbia avuto voglia di accettare e accogliere ciò che davo.
fuori dal confine che mi incastrava, inciso intorno ai miei piedi da anni di inquietudine e di poca verità, in cui raccontavo a me stessa che l’unica cosa che potessi meritarmi fosse niente più di quello.
adesso sono fuori, o forse è solo un’altra illusione, un racconto simpatico e accattivante per le mie orecchie, un ricordo lontano la sofferenza, un ricordo che si fa ricordare tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti.
non riuscire
non farcela a resistere
non voler combattere e conquistare niente, così che non ci sia prezzo più alto da pagare della solitudine già sperimentata
continuare a scivolare pensando sia solo colpa del freddo
continuare ad essere incapaci a prendere la mira e colpire il bersaglio giusto.
con le giuste precauzioni,
il giusto tatto,
il giusto olfatto,
ciò che è soggettivamente giusto per me.
senza domande
senza bisogno di risposte.
lasciando spazi vuoti.
senza horror vacui costante.

ps: il collegamento tra titolo e post lo possono capire solo gli storici dell’arte. passo e chiudo.

stamani mi ha svegliato un tuono.

standard 11 aprile 2010 Leave a response

stamani mi ha svegliato un tuono e su per giù ho i capelli come se mi avesse preso un fulmine. dopo questi eventi atmosferici posso dire che la giornata non è iniziata proprio come avevo previsto…ma questo si sa, non accade quasi mai.
Con le previsioni sul mio umore sono quasi peggio del compianto Maurizio Mosca con il suo pendolino per le partite, non ci azzecco mai. Adesso mi ascolterò un pò di musica superipermega(stratanto) deprimente e farò una lavatrice, così da lavare via questo colore grigio dal cielo della mia stanza e dedicarmi a cose che sposteranno il barometro della mia giornata verso il sorriso:

una doccia = capelli soddisfacenti…o per lo meno sufficienti.
pulizie di casa = trovare soddisfazioni da cenerentola nel vedere brillare i fornelli.
lenzuola pulite = per pensare a quando sarà già stasera e la giornata grigia sarà alle mie spalle.

buona domenica. by a desperate housewife.