la prigione della libertà.

standard 29 gennaio 2011 2 responses

LI
BER
TA’

la libertà spesso ci imprigiona. fa paura e ci costringe nel nostro angolo, chiusi dalle nostre ossessioni e succubi di noi stessi. non siamo capaci a gestirla, se non ci conosciamo a fondo. essere liberi non è facile come sembra, anzi, forse è una delle cose che richiede più equilibrio e parsimonia nel sapere come e dove indirizzare le nostre energie, interessi, sguardi, sensibilità. da questa parola potrebbero partire milioni di concetti e di discorsi, come approfondimenti inifiniti, perchè a me piace sempre complicarmi la vita ed i pensieri, rigirarmi nella sabbia che ogni singola lettera che scrivo sprigiona, creando un’intera spiaggia di mondi interiori. ogni granello ha il suo peso specifico.
ogni granello mi rappresenta, come fosse il riflesso di un battito di ciglia dei miei occhi.
la libertà.
riuscirò mai ad essere libera?
in realtà per certe cose non voglio, vanno bene così, incastrate nel rebus delle mie storie.
però…quante cose vorrei fare. alcune mi piace solo pensare di modificarle, ma intanto un pò mi gongolo nell’indolenza che non fa mai male.
poi ci sono quelle che vorrei davvero cambiare, rimodellare, riadattare alla mia nuova vita. vorrei essere libera di amare.
vorrei essere libera di gestire la mia vita come fosse un gioco di carte, dove sono io che stabilisco le regole. lo spostamento delle maree insomma. l’andamento della corsa. il modo per sostenere un amore privo di scintille di contrasto ma solo scintille di confronto. qualcosa di sano, che curi la mia “malavita”, che curi la mia sfiducia.

le regole della libertà. un controsenso. un ossimoro.
intanto io sono qui, che guardo un pavimento sporco, raccolgo una ad una le mie carte, di quel gioco senza regole che per ora è la mia vita. sono tutte macchiate di una libertà sempre troppo agognata, che mi ha fatto sanguinare.
mi spoglio, su questo pavimento sporco. lascio indietro i miei vestiti. un passo, un piede davanti all’altro, nudi. mi guardo, osservo ogni ferita, ogni cambiamento, ogni contorto momento vissuto. livida pelle d’oca, per il freddo.
se c’è una libertà che mai nessuno mi potrà rubare, è quella di portare via la mia essenza. io ci ho provato mille volte a calpestarla, è ancora lì. testarda, dura, roccia granitica, diamante indistruttibile. svendo i miei pensieri, voglio prospettive, mordo la vita, mastico e colleziono ossa di chi non è capace a guardare se stesso, nudo, senza protezioni.
non risparmio nessuno, non ascolto lamenti.
mi guardo, con presunzione, prima vittima di me stessa cannibale.
vorace osservo la mia prossima preda.
occhi iniettati di sangue, bocca calda di vita finita, ti voglio. vieni da me.

le caselline ed i numeri.

standard 10 luglio 2010 5 responses

ci sono delle parole, delle frasi, che suonano come delle sentenze.

una gomma che cancella tutti i sorrisi, un velo che copre i sentimenti e chiude il cuore.
una spazzatura che nasconde i profumi del mondo.
ci sono delle parole che non ti stanchi mai di sentirti dire, che affossano la tua autostima, che ti fanno sentire scaraventata in una discarica che non ha mai un fondo.
perchè la volta prima pensi che il fondo c’è. è lì. lo senti con le unghie.
invece no.
è un abisso senza fine, un baratro scuro e infinito che ti fa precipitare nell’oblio della ragione.
errori che si sommano ad errori, in una somma senza risultato.
sono una bambina. una bambina che gioca a campana.
saltello da una casella ad un altra, dall’uno, al due, al tre…
conto ad alta voce.
ho le codine e tutti i ciuffetti di capelli ribelli che mi escono dai laccetti con le fragole, perchè ho i capelli troppo lisci per stare a posto.
la gonnellina sobbalza ad ogni saltello, è estate, la stoffa è leggera.
gli alberi della campagna maremmana creano un’ombra mai sufficiente per questo caldo. tra ogni fronda si insinua il sole.
il pomeriggio torrido lascia qualche rivolo di sudore sulla mia schiena un pò abbronzata.
gioco a campana e tiro il sassolino.
l’ho lanciato sul 7. è lontano.
è lontano ma lo raggiungo. dopo un pò che provo e riprovo ho acquisito un pò di esperienza.
ma cado. arrivo al traguardo, al 7, un traguardo parziale, ma cado.
mi sbuccio il ginocchio, il rivolo di sudore si mischia con la piccola lacrima che esce spontaneamente dal mio occhio. un riflesso incondizionato del mio corpo che cerca di consolarsi del mancato risultato, della crosticina che mi verrà tra qualche ora, della piccola delusione che mi contrae i muscoli.
prendo il sassolino che mi aspetta all’angolo destro, in alto, nella casella del 7.
il sassolino c’è sempre.
è la mia volontà.
è una volontà che io tiro, maltratto e allungo ogni volta, per capire i miei limiti, perchè non voglio dei limiti, non su certe cose.
raccolgo il sassolino e la mia lacrima cade sull’asfalto.
mentre cade già si asciuga, l’alone di bagnato si spegne col calore della terra.
torno alla partenza, risoluta.
mi asciugo il naso con la mano, sistemo le codine e aggiusto la gonnellina leggera.
sono pronta per ricominciare.
devo solo trovare il gessetto per disegnare un’altra campana.