INTENSITA’.

standard 17 giugno 2015 12 responses

Passo le notti a scrivere nella mia testa. Se avessi la forza prenderei il computer e lo farei. Oppure un pezzo di carta, una penna che scrive poco, la luce soffusa. Ma la forza mi manca, forse anche la volontà, la pazienza e le mani, che sono impegnate a sorreggere un piccolo esserino di quasi 6 kg. Sorreggo lui e anche il lumicino rimasto di energie, che mi permettono di respirare aria pura quando mi sento soffocare. Guardo in alto, cerco il sole anche nelle giornate grigie, cerco i fili dei gomitoli che passano e non tornano, non riesco a prenderli, sono troppo rapidi, troppo mimetizzati, poco visibili. Sono distratta, assorbita da questo vortice nel quale non voglio finire inconsapevolmente ma con la certezza delle mie capacità. Le cerco come si cerca il numero giusto nel sacchetto della tombola. Con la differenza che questo non è un gioco e probabilmente il numerino che aspetto è finito proprio in fondo…si fa attendere, come tutte le cose necessarie. E’ nascosto, come tutte le belle sorprese. E’ un numero magico, quello che aprirà la combinazione? Non lo so, forse non esiste nessuna combinazione, nessun lucchetto, nessun numero da trovare. Esisto io, esiste la sua nuova vita che si fonde con la mia, dobbiamo lasciarci andare, trovare il nostro incastro, quello che mi permetterà di vedere tutto ancora più magico.

Poi mi vedo riflessa nei suoi occhi grigi. Questa vita variopinta si diffonde davanti ai miei piedi, la percorro, la respiro, la trasformo. Lui mi guarda, mi sente, odora. Si rilassa, vive, impara e io imparo con lui. E’ un oceano di guizzi, onde anomale e imprevedibili, ingestibili momenti di euforia e piatti silenzi di contemplazione.

Queste parole sono in stand by da 20 giorni e più. Il tempo scorre inesorabile e quasi non le sento più mie. Perché qui tutto cambia minuto dopo minuto, soprattutto in un rapporto a due così intenso…dove la frequenza delle interazioni è altissima.

Vi lascio queste parole un po’ stantie ma sentite, ricche di sentimento e musica. Perché è così che ora vedo la mia vita. Ricca, musicale (come un carillon stonato) e piena d’amore.

piedini

Piedini che crescono…

 

BABY BLUES.

standard 25 aprile 2015 27 responses

E’ tutto ancora molto confuso, credo lo rimarrà per un po’.
Le mie idee, i fili da acchiappare al volo, le poesie che mi passano per la testa, per il cuore, per i sogni tormentati da rigurgiti e profumo di innocenza.
E’ ancora presto, per dire ciò che si prova in totale “sincerità”, lasciando da parte paure, ansie, sensi di colpa, difficoltà varie.
E’ fresca la nostra famiglia. Quella fatta da Elia, Dino e me. Una ancora poco esperta mamma lanciata in un mondo sconosciuto, quel mondo tenuto sotto controllo e gestito al millesimo di secondo fino al 15 aprile alle 9.35. Da quel momento tutto è cambiato. O forse era cambiato già da prima ma la mia presunzione non mi permetteva di vedere, oppure certe cose non le puoi capire fino a che non ci cadi dentro con tutti i piedi, i capelli e l’imprevedibile pesantezza dell’ignoto.
Scrivo libera, per quello che posso, cercando di arrivare nel profondo e vedere la superficie, come al mio solito, senza distruggermi di inutili pensieri e sensazione di incapacità. Scrivo perché mi sento ancora IBRIDO, essere non mutato ma mutante, in fase evolutiva, perché non esiste la staticità nella vita, non nella mia.
Ebbene. Il baby blues esiste veramente. Esiste e ti spiazza. Ti lascia senza fiato, ti stravolge, ti fa sentire dentro una galleria infinita senza via di fuga. Al buio totale, senza fiato, senza ossigeno, senza abbastanza fazzoletti per asciugarsi le lacrime che cadono incessantemente. Esiste questa sensazione opprimente e porta via i sorrisi, anche dove non dovrebbe esistere altro. Dice siano gli ormoni, dice che serva per far venire il latte. In questo senso ha funzionato…

E’ una situazione che per quanto possano raccontartela non è mai abbastanza. Da pensare solo a te stessa ti trovi a dover dipendere in tutto e per tutto da un piccolo essere che ha bisogno di te, del tuo latte, dei tuoi sorrisi e buonumore, dell’amore viscerale, quell’esserino ti toglie e ti da e non capisci che strada prendere, se stai andando nel verso giusto, se ESISTE un verso GIUSTO oppure tutto è guidato solo dall’istinto e dal cuore. Il cuore che perdi e ritrovi a fasi alterne, il cuore che fino a prima era dedicato a te stessa, alla tua giovane vita di coppia e hai paura di non ritrovarlo più. Si, non ci sarà più in quel modo in cui era prima. Dove pensavi solo per te, per vedere gli occhi del tuo amore pieni di soddisfazione, adesso devi trovare lo spazio. Quando si dice che l’amore non si divide ma si moltiplica, esattamente questo. Ed io che (sempre con presunzione) pensavo di avere il cuore così tanto elastico da adattarsi nell’immediato, anzi…che non ci fosse nemmeno lo spazio dell’adattamento ma che fosse così, spontaneo. Invece non lo è, ti guardi allo specchio e non ti riconosci, ancora un cambiamento, ancora uno stravolgimento, stavolta non temporaneo. E la paura ti mangia, ti morde, ti assale, ti fa sentire impotente di ragionare, con freddezza, di fronte alla nuova te che hai sempre desiderato con forza. Ora ti chiedi perché. Cosa c’era di così desiderabile in tutto questo. Nell’avere un figlio.

Piangi. Piangi lacrime di sconfitta. Poi ti senti di nuovo forte, quella forza che sai di portare nel cuore e nella testa, che ti ha sempre fatto andare avanti anche di fronte a cose dalle quali pensavi di non uscire. E le lacrime si diradano, come una pioggia passeggera di questa primavera così strana. E’ tutto così strano, così FORTE, così decisamente incompatibile con il prima. Sento una linea tracciata, come se esistesse una Berenice precedente e una Berenice successiva a quel momento. Un parto, per quanto chirurgico, pur sempre un parto, una nascita, un cambiamento totale e totalizzante. Devo imparare tante cose, devo imparare tutto. Ad avere fiducia in me stessa, a confrontarmi con nottate in bianco e tutte le mie paure e OGNI MALEDETTO MINUTO si presentano davanti. E non posso dribblarle, sono lì e se le scanso si ripresentano senza pietà alcuna. Devo confrontarmi con una falsa solitudine, perché per quanto mi ostini a dire che sono SOLA, sola non lo sarò mai più. Devo sorridere, guardare in alto, vivere il presente, non correre, avere pazienza, abbandonarmi senza programmare, abbandonarmi ai pasti consumati in fretta, alla casa in disordine, alle lavatrici da fare, alla nostalgia improvvisa e alla gioia totale, lasciarmi andare a questo amore viscerale accompagnata da un compagno meraviglioso che ho accanto, senza sentirmi così tagliata via dalla mia vecchia e felice vita.

Tutto ancora è possibile. Tutto e anche di più.

E accadrà senza che io mi faccia tante altre domande.

l'amore

I piedi che mi trascineranno nella nuova vita. <3 L’amore.

 

HYBRID

standard 8 aprile 2015 9 responses

IBRIDO.
Un individuo generato dall’incrocio di due organismi.
Una macchina elettrica ma che può usare anche la benzina.
Una pianta che cresce ma non è spontanea.
Un animale, uno strumento, un essere, un genere estraneo alla natura.
Una donna, una mamma, una presunta scrittrice, una volenterosa fannullona, un’idealista, matta, molto poco furba e senza alcuna sottile malignità, un po’ arrogante, possessiva/ossessiva, sincera e pateticamente buona. Non si può essere tutte queste cose insieme. E’ vietato. Lo dice la legge del cattivo gusto, quella che impera nel mondo.

Lo dice la legge del più forte, non del più libero.

E allora vengo qui e mi rifugio. Qui dove posso scrivere anche cento, mille post uguali, parlando sempre e solo di me, perché qui, questo angolo è MIO, profondamente MIO, voluto, protetto, egoisticamente MIO, senza interferenze, accordi o necessità. O almeno questo è quello che mi illudo di pensare. Illusione o no, continuo a farlo, anche se con meno frequenza e intensità, ma rimango sempre qui, attaccata al mio semino che porto, con lentezza dentro il formicaio. Ne faccio tesoro, come se fosse la cosa più preziosa del mondo. E per me lo è.

exit

#murifiorentini …in cerca di una via d’uscita.

Una parola.
Un sospiro da sfruttare, un’idea che non si perde nelle mie (ultime) notti burrascose, un piccolo dolore al basso ventre che mi fa sentire che sei lì, mio piccolo Mirtillo. Gli occhi chiusi per far affiorare i sogni, gli occhi aperti per far fuggire ciò che non voglio.
Un “qualcosa” che vorrei raccontare, che contrasta con le gioie di questo periodo. Non mi chiedete di spiegare, tanto prima o poi lo farò, non è niente di grave. Sono tutte cose passeggere, cose rimediabili, piccole bombe che esplodono in mille scintille che poi, alla fine, sembrano quasi belle. Sono sempre la solita in fondo. Perché mi ostino a voler vedere solo il lato positivo. Perché, come già qualcuno ha affermato tempo fa…dai diamanti non nasce niente, dal letame, invece, farò nascere tutti i fiori possibili.

– piccolo inciso – Entro la prossima settimana fanno nascere Mirtillo che, se tutto va bene, dovrebbe venire fuori senza tanto sforzo. Non era ciò che desideravo, sto taglio cesareo, ma non importa. Succedono tante cose che non ci aspettiamo, questo è solo un piccolo filo d’erba che presto sarà dimenticato. Da ibrido attuale almeno, forse, una cosa sarò. Una latteria. Se non mi vedete da queste parti, sapete a chi dare la “colpa” ^_^

DI GIALLO VESTITA.

standard 13 marzo 2015 18 responses

Lascio entrare il sole.
Faccio cose sconvenienti. Procedo. Apro tutte le finestre, lui impietoso si posa ovunque. Si posa anche in quei posti dove mai vorresti, nella tua parte più irascibile e polemica, quella permalosa, che raccoglie le mie acute quanto inutili passioni e (forse) attitudini.
Miei pochi e tanto cari lettori, voi che approdate qui in punta di piedi, leggete qualcosa e fuggite via sappiate che io non sarò mai quella da mille clic al giorno. Non troverete mai la ricetta giusta per la felicità. Questo è solo il mio misero diario, in cui posso continuamente permettermi di sbagliare senza dovere di giustificazioni. In cui non devo trovare per forza ispirazioni, citazioni, documenti che attestino cosa sto scrivendo. Qui è tutto mio. Qui il sole può entrare, uscire, esplorare ogni angolo, non c’è niente di nascosto. Io, egocentricamente io, egoisticamente io.

Lascio entrare il sole e, con lui, anche le ombre.
Dove c’è luce ci sono sempre anche loro in cammino. Si fanno accarezzare, sono anche un po’ subdole a volte, ma sono necessarie. Mi fanno trovare quell’equilibrio tra l’essere fessa (che mi ha sempre contraddistinto) e l’essere centrata in questa realtà talvolta così decentrata. Mi convinco che tutti i conflitti interni siano un arricchimento, guardo avanti e trovo le mie debolezze un ottimo punto di partenza per non sentirmi migliore di nessuno, semplicemente per sentirmi come voglio essere. Tutto il resto può anche uscire, non c’è spazio per il superfluo, per le rabbie, le invidie, le occhiate maligne e i finti sorrisi. Se non trovate la strada verso la porta vi accompagno io, perché non voglio interferenze, se non per rendermi conto di quanto non assomiglierò mai a nessuna di queste situazioni sporche.

34+4

Gialla e in forma. Rotonda.

Lascio entrare il sole,
mi vesto di giallo mimosa.
Lascio che il futuro sia più chiaro,
affollato o solitario non importa.
Lascio che sia un lieve buongiorno,
in questo traffico di parole.
Lascio che tutto avvenga,
senza regole.

L’INFINITO (e l’oltre).

standard 14 novembre 2014 14 responses
Quei giorni dove la parola D I S T R A Z I O N E non è sufficiente.
Deficit d’attenzione elevatissimo.
Non so se è la fame, il weekend in arrivo, il calo di interesse verso certe cose e l’aumento vertiginoso verso altre. Forse il tempo che rincorro.
Mi concentro su ogni pensiero ma diventa trasparente, non lo acchiappo.
Che mattonelle scelgo per la cucina?
E Mirtillo come starà lì dentro? Cresce?
Riuscirò a dormire di nuovo senza svegliarmi centomila volte?
Il mio post di oggi sarà all’altezza degli altri?
E l’infinito verso cui mi sono lanciata sarà accogliente?
Con certezza posso dirvi che il posto dove sono stata lo scorso fine settimana era mooolto accogliente. E poi ero lì con alcune Bloggalline moooooooooolto speciali. A parlare di cose che vanno ben oltre l’infinito di cui sopra.
Quelle cose che ti immagini solo nei sogni ad occhi aperti, sdraiata nel letto a fissare il soffitto, che si compone di scritte ad acquerello che poi pufffffff svaniscono.
Il mio soffitto è sempre stato pieno di parole. E adesso sono così concrete che le possono leggere tutti, Mirtillo compreso.
E posso permettermi anche delle piccole distrazioni. Perché questi sogni rimangono lì, ancorati al cielo, sospesi. Incastrati in ogni mattonella, appesi al muro, scivolano sul vaso di fiori, sui rami d’autunno, sulle colline e finiscono tra le mie mani.
“Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.”
 
Pucci Country House – Ferentillo (TR) – www.puccicountryhouse.it/

 

Con un dito disegno arcobaleni. Mai da sola.
Ogni frammento si unisce e si discosta, come fosse una danza di stormi di uccelli, che riscoprono la primavera.
E io attendo la mia prossima primavera con un desiderio mai avuto prima.
Trotterello verso la prossima avventura, che mi porterà a Como, in uno splendido contesto, ospite dell’evento organizzato da Ventura TOP BLOGGER 2014.
Sapete cosa ho ricevuto? Guardate la foto sotto ^_^
^_^ MIRTILLIIIIIII!!! – Ventura TOP BLOGGER 2014

E ora lasciatemi qui…

“…Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:

 

e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

LUCY.

standard 19 ottobre 2014 65 responses
Estremismo.
Sempre sbagliato.
Sempre scelto per poca capacità di vivere.
Sempre scelto per riempirsi la bocca di parole, proclama, rabbia.
Sempre e comunque esagerato.
Gli estremi non mi piacciono.
Che si parli di politica, di disastri ambientali, di tragedie annunciate o non, di attacchi terroristici, di shopping o blogger con manie di protagonismo.

Quest’estate ho conosciuto una signora. Anziana, piena di capelli vaporosi e biondi. Con il rossetto un po’ in disordine e tutto il resto in perfetta armonia.
Ero in aereo, già seduta al mio posto, scalpitante di rientrare a casa dopo 15 giorni di lavoro estenuante in Sicilia, per l’evento di cui mi occupo per gran parte dell’anno. La sera prima il volo era stato cancellato, mentre già pregustavo l’abbraccio del mio amore in aeroporto. Invece un’altra notte lontani, io relegata con tutto il carico dello stress, dei pensieri e del malumore in un hotel periferico e freddo, come tutti questi non luoghi di passaggio e scarsa permanenza, che mi lasciano sempre addosso strane sensazioni. 
Insomma, non stavo nella pelle. Lucy è arrivata chiedendomi di alzarmi, perché i due posti liberi vicino a me spettavano a suo figlio e lei. E pensare che quello non sarebbe stato il mio seggiolino, mi ero spostata per far viaggiare insieme una coppia. Mai credo di aver fatto una scelta migliore.
Lucy, non ti scorderò mai. Non so perché non ti ho chiesto nemmeno il numero di telefono, forse doveva andare così. Sei stata un incontro prezioso. Uno di quegli incontri che vanno metabolizzati, assorbiti, collocati, che ti lasciano quasi incapace di descriverne cosa ti hanno lasciato. 
Si è seduta vicino a me, il posto al finestrino per il figlio disabile, con un leggero ritardo fisico e mentale. Lui, l’ultimo dopo 3 figlie in uno splendido matrimonio, con un amatissimo e scomparso marito. Lucy, professoressa, donna, madre, moglie, nonna. Siciliana figlia di emigranti in Argentina, che ha desiderato tornare nel suo paese d’origine, al quale si sentiva così tanto legata. Ogni sua figlia una storia, ogni dettaglio un frammento da conservare nel cuore. 
Il volo è stato terribile. Era fine luglio ma c’era un forte temporale, tutto si muoveva in quell’aereo, ed io, impauritissima, mi concessi qualche lacrima. Lucy mi ha tenuto per mano, non so nemmeno io per quanto, mentre Ezio, suo figlio, se la rideva come un matto perché a lui piace il cielo, perché per lui il cielo è il massimo della meraviglia che si può raggiungere e perché così, anche se succede qualcosa, siamo già sulle nuvole. Piangevo, sorridevo, Lucy mi consolava e raccontava, raccontava, raccontava. Mi raccontava di quando, dopo la morte di suo marito, decise che non avrebbe mai messo se stessa in un cassetto. Non avrebbe mai amato un altro uomo ma lei, donna, aveva il suo spazio e la sua vita, nonostante tutto. Per questo, mi spiegava, portava sempre il rossetto con se e sulle labbra, perché, guardandosi allo specchio, avrebbe dovuto piacersi, amarsi, sorridere alla vita. Aveva 4 figli da crescere e niente da lasciare indietro. Ha insegnato per anni spagnolo, ha tradotto testi, continua tuttora a farlo come specialista per i tribunali, in giro per l’Italia. Non ricordo se mi ha detto il suo cognome. Ma la sua stretta di mano, i suoi orecchini e collana bellissimi, i vestiti curati, il beauty sulle gambe con le caramelle per Ezio, il rossetto, i fazzolettini, la moneta pakistana portafortuna che mi ha regalato, forse per farmi credere che il nostro incontro sia accaduto davvero.
Cara Lucy, quando l’aereo barcollava mi hai detto di pensare al mio matrimonio. Di pensare ai miei nipoti, alle mie sorelle, al mio amore che mi aspettava all’arrivo. Ti sei commossa quando ci siamo salutate e mi hai detto “Io faccio il tifo per te”. Un volo Catania – Firenze non dura molto, giusto il tempo di uno sguardo fugace. Dura il tempo di un incontro scritto nelle nostre vite. 
Perché io dovevo volare il giorno prima, non dovevo essere seduta lì. Un senso dovrà pur avere tutto questo.
E il suo tifo, nella mia vita fortunata e bella, è arrivato alla grande. 
La settimana dopo, come tutte le successive fino ad oggi, sono state stravolgenti.
Stravolgenti in senso bellissimo, cara Lucy.

Un piccolo cuore ha iniziato a battere 
nei giorni dopo il nostro incontro, e cresce. ?

Abbiamo comprato casa.

Sto toccando con le mani così tanti sogni che non mi sembra vero. Il tuo tifo è arrivato tutto. Pieno, vero, sincero.
Le tue mani rugose sono state un dono infinito, così come i tuoi occhi azzurri e pieni di speranze.
Grazie.

Questi siamo noi. Mirtillo, papone e io.


Lucy, incontrarti è stata la conferma di quello che mamma mi dice quasi ogni giorno. 
Che la nostra vita è un dono, che quello che ci succede è prezioso, che ciò che seminiamo, con grande fatica e a volte anche dolore, poi piano piano germoglia, e non quando lo scegli te, secondo una pianificazione perfetta. E’ perfetto il tempo che sceglie perché evidentemente non poteva esserci un momento più o meno adatto. 
Lucy, incontrarti è stato come è per qualcuno incontrare mia mamma che, sul treno, fa amicizia con chiunque le sia accanto. Chissà come queste persone rimangono colpite da lei, che è un’anima speciale, come te. Certo, sono di parte, è la mia mamma.
Oggi è anche il suo compleanno.
Spero di regalare a mio figlio l’educazione, la gioia di vivere, la correttezza e l’onestà come lei ha fatto con me e le mie sorelle. Mamma mi ha avuto a 23 anni, dopo poco più di un anno dalla mia sorella maggiore. Era praticamente una bambina, ingenua e pulita. Io sono meno bambina ma sempre pulita e senza malignità. 
Cara Lucy, ti scrivo e credo che mai potrai leggermi, ma lo faccio commossa, perché ti parlo di grandi cose. La mia giovane mamma che continua ad essere la mia più saggia compagna di vita, il mio corpo che si modifica e cresce, il mio cuore che non è mai sazio ma sempre consapevole della propria fortuna, regalata e meritata allo stesso tempo, la mia vita piena d’amore.
Mi cadono le lacrime sulle guance e sulla pancia.
Sono così ricca nella mia povertà, ma non ho bisogno di altro.

Nessun estremismo, solo amore incondizionato.
Grazie Lucy, della tua traccia. 
Grazie Mamma, delle tue innumerevoli tracce. 
Auguri.

MEZZO GIALLO VIVO.

standard 25 settembre 2014 15 responses
Portatrice sana di Primavera. Me ne frego di questo autunno in arrivo.

Maschero il gusto del latte di soia con due cucchiai di orzo, mentre un fiore abbandona il suo spirito e le briciole dei biscotti riempiono il tavolo.

Cerco di pensare a tutte le cose da fare, sono così tante che non entrano nella mia testa. Dovrei metterle per iscritto…ma temo che volino via.
SCRIPTA VOLANT. Era così, vero?
E poi sono troppe, obiettivamente. Vi annoiereste.

Sono giorni pieni di alti e bassi, in cui mi sento come se avessi una doppia faccia. Esaltata e ansiosa, agitata e docile, coccolosa e iperattiva, chiacchierona e silenziosa, sfuggente e presente, paranoica e sicura.
Insomma…una pazza.
Sono come quel fiore che ho sul mio tavolo, mezzo giallo vivo, mezzo stanco e accartocciato.
Ho preso una strada definitiva ed impegnativa, ma le mie risorse, quelle del mezzo giallo vivo mi tengono in alto, più di qualsiasi altra nuvoletta che offusca il mio pensiero.

Questo piccolo spirito carico di Primavera lo sento forte, a dispetto delle sue dimensioni.

Vi presento il fiore del topinambur ?