QUINDICI ANNI.

standard 23 settembre 2016 Leave a response

Basilica di San Lorenzo

15 anni. Sono 15 anni che godo di questo cielo, di questo orizzonte, che si sagoma di architetture vive, interessanti, potenti, a volte delicate e sconosciute.
15 anni che sei la mia città, Firenze. Quanto mi hai visto cambiare? Quanto mi hai accompagnato tra i miei vicoli della vita? Abbiamo scoperto insieme coraggio e paure, molte lacrime che ora mi fanno sorridere, molti sorrisi che ora chiamano malinconia.
Ero una bambina. Ora?

Ora cammino attenta e guardo avanti. Ora [dovrei dirlo] sono una donna. Quando sono arrivata qui dovevo compiere 19 anni, adesso manca poco a 34. E se gli ultimi 3 anni sono stati una rivoluzione, tutti quelli prima sono stati la base, per questa rivoluzione. Quelle lacrime, le cadute e le ricadute, gli infiniti errori, le serate, i  baci, i trascorsi felici, gli amici. Gli Amici. L’amore, gli esami, le chiacchiere all’università. Il peso delle cose, che varia, che muta, che cambia. Il peso delle parole, dei momenti. L’importanza di tutto, che poi diventa niente, che di nuovo si trasforma. L’università. Non ci capivo niente, all’inizio. Andavo a lezione, prendevo appunti, non sapevo studiare. Ero sprovveduta, spaesata, senza forma. Da un piccolo paese di 1000 abitanti, da una provincia di agricoltori e pianure infinite per me, Firenze, era pura magia. Mi confondeva, mi faceva sentire piccola ma importante, sopraffatta dall’energia che sprigionava. Con la sua arte ovunque, così dirompente, importante, i primi sei mesi volarono senza nemmeno farmi accorgere di ciò che stavo facendo. E non che dopo sia andata meglio, ho solo migliorato qualche dettaglio, piano piano.

Ora [non so se lo sono] sono una mamma. Una mamma che a volte non ce la fa, che corre, che lavora, che lava/non stira/cucina/si arrabbia. Una mamma ogni giorno nuova, che si innamora anche delle difficoltà, che dice GRAZIE, ogni giorno. Grazie per queste vite. Sono una mamma moderna ma non troppo, attaccata alle convenzioni ma non troppo, sola ma non troppo, che ama e non è mai troppo. Una mamma incasinata, che vorrebbe più tempo per ogni giornata, per vedere EliaMirtillo crescere, in tutte le sue direzioni possibili. Una mamma che ha imparato la pazienza, suo malgrado e con tanto sacrificio.

Ora sono [ancora] quella bambina. Che non sa come ha fatto ad arrivare fino a qui. Che se ci penso adesso mi tremano le ginocchia. Perché la forza di quella bambina mi ha fatto fare tante cose. Andare avanti, lavorare sempre, nonostante le difficoltà economiche, studiare, studiare tanto, accettare me stessa, combattere, vincere o perdere non importa, comunque combattere. L’ingenuità, questa cara amica fedele che sempre mi accompagna, che mi aiuta a prendere un sacco di fregature ma, nonostante tutto, sapere che esisto. Che posso guardare la vita e sentirmi pulita.

Ora sono Berenice. Provo a vestire bene questo nome così importante, per me che sono così piccola. Firenze, ad esempio, mi calza a pennello; è una città incasinata, piccola e piena, controversa e talvolta antipatica. Vivere qui è abbastanza complicato ma lo considero un privilegio. Soprattutto quando, ogni mattina, nonostante la fretta, il sacrificio costante, i pensieri che sbattono uno contro l’altro, il sonno e la voglia di essere altrove…lei ti sorprende. Per Firenze 15 anni non sono niente, splende da secoli, ma per me sono stati una fetta di vita meravigliosa e, per la sua presenza costante, la ringrazio. Qui mi sento a casa.

OLTRE. Scivolando sui pensieri.

standard 28 maggio 2013 54 responses

Non credo di averlo mai fatto.
Cosa?
Di pubblicare con quasi due mesi di ritardo dei pensieri di un pomeriggio caldo, nei primissimi giorni di aprile, quando l’illusione della primavera era reale e mi svegliavo con un misto di insoddisfazione e voglia di andare oltre.
Ma non conoscevo questo oltre, lo temevo di certo. Cercavo di annegarlo nella marmellata della colazione, ma lui tornava.
E, alla fine, c’è stato, ed è stato un oltre davvero OLTRE. Mentre sono qui che vi guardo dall’OLTRE, leggo con voi…

Sette Aprile Duemilatredici.
Sulle rive dell’Arno.
Sono come il polline. Fine, giallo, gustoso.
Sono come i raggi caldi di questa primavera, finalmente.
Sono questo aprile.
Sono questo ragnetto. Pochi millimetri di perfezione. Giallo su nero, come fosse polline.
Sono queste spighe verdi, immaturo frutto della natura.
Sono questo foglio di carta, questi pensieri impuri e gravidi, questo monsone di tempeste mai viste.
Sono questa irruenza, questa voglia di scoprire, di cucirmi in faccia un amore mai visto, questi vestiti così aderenti da non riuscire più a toglierli.
Sono queste domande a cui sottopongo la mia anima, senza tregua.
Sono al mediocrità che non conosco. Perchè la scanso ma non la posso lasciare del tutto, mio marginale contatto con la realtà.
Sono questo foglio, che voglio fare a brandelli, piccole parole, piccoli pezzi di carta, verba volant, per alleggerire un mondo costruito solo per la mia personale sopravvivenza.
Sono questo traffico costante, il profilo verde delle colline di Firenze, un tempo disabitate.
Sono questo sterile punto di vista, il cui valore è un significato solo per me.
Sono perfetta come le guglie di quella basilica, come il merlo di quella torre, il bastione di questa fortezza.
Sono troppo in una vita che il troppo non lo può tollerare. E nemmeno controllare.
Sono quelle piccole anatre che procedono sul fiume scuro, incuranti di ciò che avviene attorno. 
Sono la loro scia, il flusso sottostante creato, che lambisce con lentezza la costa, con il suo ritmo parallelo.
Sono quella cosa che dovrà avvenire, spietata e chiara.
Sono quel segreto che ancora non conosco, quell’amara domenica mal vissuta sotto un vento che ricorda l’inverno e un sole che chiama l’estate.
Sono le note di queste ripetute canzoni nelle mie orecchie distanti dal reale.
Sono la mia voglia di scrivere senza mai una fine, come se non conoscessi che righe e inchiostro nero, sbaffato dalla fretta di dire qualcosa.
Sono una mendicante di poesie già scritte, che non so come scrivere. Non conosco il carattere, ancora geroglifico, senza traduzione.
E allora tu fammi egizia, da profilo intatto per secoli, fammi scultura, mummia del passato così che io legga sulla pietra la mia vita già vissuta e stringi le bende. Stringi per non far passare il sangue, freddo afflusso di sistemi nervosi troppo attivi per lasciarmi riposare in pace.
Sono questo sarcofago.
Sono questa maschera di cera.
Sono la combinazione sconosciuta.
Sono un simbolo segreto delle Terre di Mezzo.
Sono una regina. Tu lasciati ammaliare dal canto delle sirene e vattene, lasciami, abbandona questa attesa che non sopporta più le attese sconosciute dell’amore.

Meekyoung Shin – Vasi di Sapone (foto by Berry – Saatchi Gallery, London, agosto 2012)

Perchè questa foto? Perchè era agosto, caldo anche a Londra. I miei pensieri erano più cupi di adesso e questo museo fu una boccata d’aria. Questi vasi sono fatti di sapone, da non credere, vero? Ora i miei cupi pensieri sono scivolati via sulle curve morbide di quelle forme, sono rimasti quelli dai colori accesi. 
Non c’è più nessuna attesa.

Le mie Prime Volte.

standard 1 marzo 2013 69 responses
Nel senso di “esordio”, ragazzi. 
Debutto in società.
Ballo dei debuttanti, quelle cose lì.
Solo che non sarò vestita a festa.
Saranno le mie poesie le protagoniste delle Prime Volte.

Stasera la Primissima Volta.
In grande stile, una mostra.
Un po’ di tempo fa, non troppo lontano, ho avuto la fortuna di conoscere LEI
Una delle persone più speciali che io abbia mai conosciuto. Insieme a lei ho conosciuto il di lei compagno, fidanzato, amore…e fotografo. Una sera, dopo una appagante cenetta nel piccolo rifugio dei piccioncini, Andrea mi ha parlato di una mostra che avrebbe voluto fare, di lì a poco. Insomma, dopo pochi istanti ci ero finita anche io dentro. E non smetterò mai di ringraziarlo per questo (anzi, forse non l’ho ancora ringraziato abbastanza!). 
Stasera, dunque, si inaugura INTERAZIONI.


10 foto.
10 brevi poesie.
10 INTERAZIONI tra il suo punto di vista e gioco di specchi e associazioni della mia mente.
10 piccoli momenti in cui viaggiare, senza per forza avere una meta che sia la stessa con gli occhi e con il cuore.

La seconda Prima Volta sarà a Firenze, giovedì 7 marzo, ore 16.30.

E anche in questo caso devo ringraziare un’amica, la infinitamente dolce Cristina che, con il suo romanzo Perfetto, mi ha dato la possibilità di presenziare alla presentazione del suo libro. 
La mia poesia dall’omonimo titolo verrà letta dalla sottoscritta in Palazzo Vecchio, Sala delle Miniature, alla data e ora di cui sopra. 
Sto già crepando di emozione.
Io, Berry, emigrata in città 11 anni (e poco più) fa, alla tenera età di 30 anni, dopo peripezie, diari scritti, metriquadri di carta consumati, litri di inchiostro prosciugati, faccio il mio piccolo debutto in società.
Tutto ciò ha del miracoloso.

Avrei ancora tanto da dire. 
Sulle Prime Volte, su queste belle persone che ho incontrato.
Ma stasera sono un po’ silenziosa. 
Sono cose che capitano raramente. Credetemi.
Devo approfittarne per far riposare il mio povero cervello, sempre alla ricerca di stimoli e frammenti.
Ora mi immergo in un minestrone caldo e aspetto che passi.
Il silenzio è una brutta malattia a lungo andare.

Vi aspetto. Grosseto o Firenze. Sarà bellissimo vedervi.

Se il Buontalenti non è un gelato…

standard 25 febbraio 2013 31 responses

«Conosci innanzitutto la quadruplice radice
Di tutte le cose: Zeus è il fuoco luminoso,
Era madre della vita, e poi Idoneo,
Nesti infine, alle cui sorgenti i mortali bevono»

Empedocle, 490 a.C.

Velluto o Seta,
Rossi come Fuoco.
Fuoco alle pareti, pregiato sfondo.
Pietre dure come Marmo, 
Terra per i nostri piedi fermi. 
La rosa dei venti come Vortice,
Attira il mio sguardo verso l’alto.
Madreperla e conchiglie come Acqua.
Il fondo del mare protegge la nostra meraviglia.

Tribuna degli Uffizi – Johan Joseph Zoffany (1773-76)
Ci siete mai stati agli Uffizi?
E la Tribuna degli Uffizi, quella stanza ottagonale progettata da Bernardo Buontalenti, su commissione del Granduca Francesco I de’ Medici, nel 1584, avete mai avuto la fortuna di visitarla? Conservava ed esaltava la grandiosità della famiglia Medici, portando alla luce opere classiche e attuali, divenendo da allora una delle Wunderkammer più ricche e d’ispirazione per le grandi famiglie d’Europa e per gli artisti che vi si recavano.
Una Camera delle Meraviglie
E i Quattro Elementi come cornice, ad esaltare ciò che custodiva. 
Certo non vorrei dilungarmi, era solo un accenno. L’incontro tra l’arte, la potenza dell’uomo, la storia, la filosofia, i valori più alti, tutti racchiusi in una sola stanza.
E il Buontalenti non è solo il gusto del gelato tipico fiorentino, tanto buono (panna e crema!) quanto fuorviante.
Ho avuto “l’ispirazione” di parlare della Tribuna degli Uffizi mentre andavo dai miei, sabato in tarda mattinata.
Pioveva. Nevicava. I rami degli alberi sulla strada parevano dei piccoli fantasmi bianchi carichi di leggerezza. E mi sono sentita investita dalle parole, dalla natura nella sua interezza. Ho dovuto chiamare mia sorella N. quattro o cinque volte per farle segnare dei versi che mi erano venuti in mente. Protagonista il fuoco. I colori. Tutto il contrario di ciò che vedevo. Vedevo bianco, vedevo grigio, acqua e neve. E la terra sotto di me. Poi le associazioni giocano sempre sporco, ti sorprendono e a quel punto sei fregata, non hai scampo se non scrivere.
Ho incubato questo post da quei 140km di qualche giorno fa, in cui ho pensato quanto il peso della relatività stia spingendo la mia vita verso inesplorati mondi.
Non ho interesse a spengere il mio cuore. E’ solo in stand by.
Può esistere un cuore in stand by? Forse si. 
Ma credo che questa aridità di emozioni non faccia al caso mio.
Si la tranquillità, si la pace dei sensi, si prendere tutto senza esagerare con reazioni “troppo” o “troppo poco”. Ma non fa per me, mi dispiace. 
Io scrivo. E mi nutro di questo. C’è chi disegna, chi fa la calza, chi cucina e chi fa shopping. 
Io scrivo.
E devo respirare amore. In qualunque modo esso sia. Questo stand by è solo un altro dei miei mille modi di vivere questi amori un po’ malati un po’ noiosi e un po’ poco “amori” di cui mi circondo.
Stanotte ho aperto gli occhi mentre sognavo l’acqua. Ero in barca, sola, in un’altra barca lontana c’era una persona che conosco bene. Il nero del lenzuolo mi ha confortato, ero a casa. Tutte le parole nella mia testa, combattevano per uscire. 
E la mia Wunderkammer rigogliosa e pulsante, come l’Etna, vulcano mai domo.
Questo per me è vivere. Pur sempre consapevole, pur sempre ignorante, penso a Buontalenti e non temo (forse) più questo flusso di emozioni.
Che sia fuoco.
Che sia vento.
Che sia acqua.
Che sia terra.
Che sia inverno, freddo, implacabile e costante, che tenta in ogni modo di rapirmi l’anima.

Ode a Firenze.

standard 27 giugno 2012 3 responses

ho salutato le mie amiche e ho deciso di non fare la solita strada per tornare a casa.
ho camminato per strade amiche, ho camminato e respirato Firenze.
la mia Firenze, la città in cui vivo da quasi 11 anni, che accoglie i miei passi, i miei pensieri, che rinchiude nel suo cuore rinascimentale tutta la mia recente vita, ricca di emozioni, di amore, di sussurri, di spazio guadagnato, di incontri, di sguardi.
Firenze che accoglie stanca orde di turisti avidi, Firenze calda, soffocante, afosa, umida, Firenze meravigliosa, estasiante, snob e permalosa.
Firenze unica.
Firenze emozionante.
cammini e sotto i piedi scricchiola la storia, dai tuoi occhi che osservi tu, ignaro, ogni finestra ha raccontato la vita di questa città.
amo ogni scorcio, ogni via, ogni frammento di pavimento.
amo gli occhi delle persone stupite davanti ai monumenti.
amo conoscere dove sto andando, guidata solo dalla voglia di osservare nuove prospettive.
Firenze sei la mia culla.
hai sopportato le mie paure, hai sopportato quando non resistevo più di qualche giorno qui e dovevo tornare a tutti i costi a casa. hai sostenuto la mia solitudine e incoraggiato la compagnia, la novità, il contatto. mi hai fatto scontare delle estati caldissime e senza mare, carezzandomi di ben poca brezza, senza lasciarmi respirare.
Firenze sei la città che amo, che ho scelto, in cui vivo ogni giorno, dove la vita diventa sempre più mia, dove ho districato ogni labirinto della mia anima, dove ho tentato di scoprire le linee più nascoste del mio cuore intricato.
mi sento libera, mi sento accolta, mi sento io, viva, sola, presente.
devo continuare a non avere paura, come stasera, di una vita solitaria.
in fondo è questo che siamo, esseri umani nati per condividere, per coinvolgere, per amare.
ma se non troviamo (con fatica) la nostra concreta dimensione, non possono essere che vani i nostri sforzi di proseguire in tutto ciò che facciamo.
questa solitudine che imparo a vivere ogni giorno, contiene tutto ciò che dovremmo essere: liberi di sentirsi noi stessi, sempre. senza compromessi, senza passi falsi, senza violentare la nostra anima.
il mio prossimo passo è cancellare le ansie, moderare l’affanno.
ma tutto il resto…mi piace.
non smetterò mai di essere come sono, anche se volesse dire una vita di solitudine.
buona notte.


nella culla di Firenze
mi addormento.