CINQUE.

standard 8 settembre 2015 7 responses

Avete presente quando va via la luce? Siete tranquille, in una stanza che conoscete, ma improvvisamente al buio. Vi guardate intorno ma vedete solo buio. Poi piano piano iniziate a distinguere le cose, le pupille si allargano, anche quel filo invisibile di luce arriva ai vostri occhi. Gli spigoli prendono forma, le geometrie si ricreano, gli spazi tornano ad essere possibili. Le mani e l’olfatto aiutano a percorrere questi sconosciuti passi, a sentire le irregolarità del percorso, a non barcollare troppo, a non cadere, mantenendo questi equilibri precari che aiutano le mie giornate.

Ecco. Mi sento così ogni giorno. Ogni minuto, ora, cambiamento. Ogni poppata, ogni sorriso, ogni bacio che affonda nelle morbide guance. La mia vita al buio, sconosciuta e misteriosa, con un altro piccolo essere che assorbe ogni energia. O quasi. Con il tempo sto imparando a lasciare qualcosa per me, mezz’ore ritagliate tra le sue nanne, mezz’ore guadagnate con il papo che mi permette di scappare per le colline a correre, di nuovo, finalmente.

Ieri sera ho spento la luce. Ero in cucina. Ho fatto pochi metri tra il tavolo e il lavandino, poi ho svoltato e camminato accanto ai fornelli. In tutto saranno cinque metri o poco più.

Cinque metri di buio, cinque mesi di sconosciuto. Siamo forti, noi mamme. Mica me lo immaginavo sapete? Siamo incredibili, a volte se ci penso quasi mi commuovo da sola, benedetto ego gigantesco. Ma menomale che c’è, perché quando mi guardo allo specchio faccio un po’ fatica a riconoscermi. Baffetti a parte. Seno che arriva alle ginocchia a parte. Pancetta flaccida a parte. Insomma, estetica a parte, faccio fatica. Ma sono sempre io, siamo sempre noi, io e il mio nonmoltofuturo marito. Siamo piccoli con lui, siamo grandi grazie a lui. Siamo sempre noi ma la nostra vita gira intorno ad una giostra che comanda solo lui. Mai dimenticare di esistere. Mai dimenticare che quel noi ha portato a lui.

Ma ogni tanto, quando vagate al buio e credete di mollare, ricordatevi di quanto siete importanti, voi.

E non smettete mai di amare.

– post da leggere responsabilmente, nei momenti di scarsa fiducia –

cinque

CINQUE. Quasi cinque mesi d’amore in due anni e mezzo di altro amore. Parentesi quadre e graffe a parte.

GIORNI FELICI.

standard 24 novembre 2014 29 responses
La mia musica preferita per svegliarmi.
I calci del mio bambino che mi fanno aprire gli occhi prima del solito.
Le carezze del mio amore.
I regali.
I messaggi a mezzanotte spaccata e quelli che arriveranno in ritardo.
Mangiare la crostata fatta da mamma con le mie colleghe.
Il sole che splende nonostante sia autunno inoltrato.
Il profumo del mandarino sulle mani.
Il click sul MI PIACE per ogni augurio ricevuto.
I biglietti pieni d’amore.
I sorrisi delle persone che amo.
Il sorriso se guardo indietro. 
La dimostrazione che la felicità non è un traguardo ma un percorso.
Sapere che ciò che faccio è un’impronta indelebile che rimane ma allo stesso tempo osservabile da tante prospettive.
Tutto serve.
Tutto torna.
Tutto e niente.
Le battaglie perse, quelle non combattute. Quelle amare, quelle che mi hanno portato dove sono adesso.
Non vorrei essere che io, adesso, qui.
E imparare a vivere ogni giorno come vivo oggi, trasmettere la forza del mio sorriso a tutti, renderlo un virus, un’epidemia instancabile e sana.

 

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte, 
succede solo che sono felice 
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.
 
Camminando, dormendo o scrivendo, 
che posso farci, sono felice. 
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie, 
sento la pelle come un albero raggrinzito, 
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima, 
il mare come un anello intorno alla mia vita, 
fatta di pane e pietra la terra 
l’aria canta come una chitarra.
 
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.
 
Ode al Giorno Felice – Pablo Neruda
 
Sono felice.
 
Joie de vivre – H. Matisse
 

GIORNI A SEGUIRE…

standard 1 agosto 2014 17 responses
Ho scritto la data.

Di questo giorno al contrario. Così per capire che ancora deve quasi nascere.
Le mie notti senza sogni sono strane.
Mi addormento affondando la testa sul cuscino, pesante come un troll impietrito, mi risveglio la mattina che non so nemmeno di che colore erano le stelle. Non ricordo i baci, le carezze, il peso delle lenzuola. Non ricordo l’ultimo pensiero che ho fatto, a chi l’ho dedicato.
Deve essere il buio della stanchezza.
Si mangia la coscienza e l’inconscio, affamato buio, addormentata mente, silenzioso compagno di giornate strane.
Insomma in pratica. Mi addormento la sera e mi risveglio la mattina.
E fin lì tutto ok.
Un lungo sonno senza alcuna pausa. Non ci sono sfumature, non c’è spazio per la sete, per i sospiri, per le fusa dei miei gatti.
Lo strascico, il recupero, il riposo del guerriero.
I capelli che scivolano come l’acqua sul marmo.
Le mani che solcano la pelle di chi ti è accanto.

E anche se sogno è tutto così incasinato da non lasciare alternative, dimentico.

L’unica cosa che non dimentico è che sta per scoccare l’ora beata delle ferie.
Alle 18 in punto il mio orologio mentale si affloscerà, tipo gli orologi di Dalì. Il tempo non avrà più senso, lo scorrere delle giornate sarà definito dai sospiri e dalla crema solare, gli impegni cadenzati come i passi di un camaleonte. Lenti. Occhi socchiusi. Penombra. Niente affanni.
Perlomeno questo è quello che vorrei.
Poi, conoscendomi, so che lo renderò impossibile a partire dalle 18.01. Troppe idee e desideri concentrati in (sempre e comunque) giorni limitati.

Ma sono felice. In fondo per me l’arrivo delle ferie è come un piccolo time out. Valutazioni e pensieri come se fosse dicembre insomma…questo 2014 è stato finora impegnativo. Incasinato da morire, pieno di aerei, viaggi (di lavoro), di progetti, di nervosismo, di insoddisfazione (lavorativa anche questa).
Ma, dicevo, sono felice. Meglio ancora…sto percorrendo la mia felicità. A volte ho paura, a volte sono intimorita, ma vado avanti, prendo decisioni (importanti), sfido le tempeste del lavoro perché il mio amore è così forte e attivo che non si smonta. 
L’estate, che per me inizia tra qualche ora, sarà un’estate al risparmio, ma sempre
F E L I C E
Niente viaggi vagabondi, niente strane perlustrazioni europee. Qualche giorno dai suoceri, qualche giorno da amici (in Sardegna ^_^ ) e qualche giorno dai miei. Tornerò a Firenze e la giostra continuerà a girare, certe cose non cambieranno MAI e altre invece sono sicura che andranno sempre meglio.
Nel mio prossimo futuro ci sono un paio di cose sicure.
Il mio sorriso.
Il blog.
La mia voglia di amare. E di correre.
E il nostro ? matrimonio ? tra 9 mesi (voglio sentire un coro di “woooooooow”!!)

Vi bacio, vi stringo, vi aspetto.
…e di certo, tra 9 mesi, non sarò vestita così. ^_^

MEZZANOTTE E UN QUARTO.

standard 20 gennaio 2014 71 responses
Questo sonno, coltivato in una notte agitata, è un sonno simpatico. Mi tiene sveglia. 
Palpebre semi aperte, demenza intervallata a frequenti disconnessioni di neuroni, livelli di attenzione pari a quelli di un peluche di mia nipote.
Questo sonno, ha un nome, Giovanni. Ha anche un peso, 3,280 meravigliosi kg di bellezza. Due occhietti che ancora devono scoprire tutto. Delle manine che immagino morbide e profumate, che diventeranno abili cercatrici di guance, avide arruffatrici di capelli, irresistibili vittime di morsi.
Questo sonno si chiama impazienza, amore, preoccupazione, destino, impeto, felicità.
Questo sonno è il primo regalo che mi fa mio nipote, appena nato, in una notte di Gennaio.
Vorrei regalarvi la mia gioia.
Che per una volta non è solo smielatissimo ed appassionato amore, ma amore che ha le sembianze di un essere fragile e profumato di latte, di vaniglia, di dolcezza.

Questo sonno è la mia condanna, in un lunedì in cui ogni peso sembra sollevarsi e svanire, come fosse vapore. Forse è così che dovrebbe essere sempre, ogni giorno che ci sembra insostenibile, ogni giorno in cui il peso delle cose ci schiaccia, o da esso ci lasciamo schiacciare.
Pensare al germogliare della vita.
A come sarà fiorita e colorata.
Al nostro essere figli, zii, fidanzati, genitori, nonni.
Al nostro essere sorelle e fratelli, amici, cognati, indissolubilmente legati a queste radici che ci tengono qui, in vita, per generare in qualche modo altra vita.
Chissà, prima o poi toccherà anche a me, chissà se vorrò scrivere, registrare, fotografare le parole e i momenti…non lo so. Questa è una vita ancora da scrivere. 
Quello che mi importa oggi è la vita che ha iniziato a scrivere lui, senza nemmeno sapere come, regalandoci occhiaie, sonnolenza e stordimento…
Ma un’immensa e rinnovata speranza per TUTTO.

Gustav Klimt – Le tre età della vita (particolare)

Se nasci tondo…

standard 7 maggio 2013 51 responses


Elena Vizerskaya – fotografa/artista ucraina

Se nasci tondo…vuoi un mondo soffice.
Vuoi un mondo senza spigoli, nel quale appoggiare schiena/testa/gambe e lasciare le braccia scendere a penzoloni, come se il bordo fosse il perimetro di una mezza luna.
Ciò che ti cambia sono le circostanze, gli avvenimenti, quello che fa diventare il percorso lineare, con le pareti ovattate, un sinuoso dispiegarsi di dettagli, poi impervio, poi pieno di quegli spigoli ricacciati via.
Se nasci tondo e ti trovi a vivere in un dodecaedro stellato, la vita non è proprio agevole.
Ti agganci ad ogni curva, hai graffi, segni sul corpo, evidenti e in superficie, difficili da mascherare come una cicatrice sul viso. Sono uncini quelli che ti acchiappano, la stoffa si allunga, la pelle si strazia, quando torna indietro, quando si lacera, è imprevedibile. Ma il risultato del camminare è questo. A volte si incontrano rovi, a volte solo erba fresca, che ti bagna di rugiada le caviglie. Cogliere more tra le spine nel mondo tondo non è reale, è immaginazione, è sogno. E la vita è altro.

Se nasci tondo la tua vita diventa flessibile, così che nessuno spigolo possa mai condizionarti veramente.
Fino a quando non incontri qualcuno che ti chiude in un piccolo cubo.
E questo qualcuno effettivamente ti assomiglia così tanto che sembri quasi tu. Un riflesso dotato di indipendenza, di chiavi, di lucchetto, che ti sigilla dentro un cubo soffocante, rosso cremisi sfumato con il blu.

Per uscire una sola alternativa.
Imparare a respirare negli spazi angusti.
Scegliere una sola chiave.
Inserirla nella toppa, piccola, come fosse una miniatura.
Capire il corretto senso per sbloccare il meccanismo.
Girare la chiave.
Solo così il riflesso scompare, si diluisce ogni chiavistello che scatta, fino a dissolversi. Rimani solo tu, è vero, tu con te stesso, con le tue armi e i tuoi difetti, la solitudine di ogni passo e la paura di aprire quella piccola porta del piccolo cubo in cui ti eri abituato a stare.
Ma la luce che entra da fuori non è più quella di un mondo rotondo.
È un mondo di mille specchi, di cerchi concentrici, di colori. Un Giardino dei Tarocchi di infinita meraviglia, un sottobosco profumato di funghi e ciclamini selvatici, dove non è più necessaria alcuna forma geometrica ma solo sviluppare i sensi e ascoltare se stessi, il proprio cuore, l’istinto e la ragione, l’unione di tutto. 
Questo è il mondo vero, sensuale, lussurioso e lussureggiante, cosmico, unito, ridondante e abbondante.
E’ il mondo che ho sempre voluto, quello dove non si deve chiedere niente, non perchè sia scontato ma perchè è un flusso continuo, senza limiti, spontaneo.
Quindi esci dal cubo e ti lasci travolgere. 
Confini e argini abbattuti, ogni limite sconvolto.
Noi abitiamo improvvisamente un mondo diverso. Pieno di luce, senza inganni, non c’è spazio per nascondersi. 
Il domani è sconosciuto ma la certezza che la vita rende le cose irripetibili rende tutto così infrangibile adesso. 

Sono presuntuosamente, schifosamente, vergognosamente  
f e l i c e

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Piccola osservazione per tutte/i voi: Grazie
Fatene ciò che volete del mio grazie, però GRAZIE davvero.
E faccio anche un nome…anzi due. Mary e Roby
Semino…ma quanto ti avrò rotto le balle in questi mesi? Grazie.
Mezzamelina tu sai, non devo aggiungere altro. Quotidiano amore il nostro, puntuale 9-18. T’amo.
(Elle tesoro, grazie per avermi fatto scoprire quella meravigliosa artista!)