MESSAGE IN A BOTTLE.

standard 30 giugno 2014 18 responses
Vi capita mai di sognare qualcuno e di non potervi trattenere dal dirglielo?
Anche se questa persona non fa più parte della vostra vita, si è allontanata per uno scalino salito nel modo sbagliato, qualche anno fa? Ecco, a me succede spesso, soprattutto con questa vecchia amica, ormai molto lontana da me. Con lei ho condiviso cinque anni bellissimi, di risate e confidenza, di amicizia vera, molto intensa e sincera. Poi, come quelle palline di Natale vintage di quel vetro leggero e fragile, si è rotto tutto. Si è infranto tra le mie mani, senza che me ne accorgessi – come al solito -, anche se ero una delle attrici principali, in quella sceneggiatura confusa e quasi senza senso che ha avuto seguito fino a qualche anno dopo.
Mi capita di sognare che ancora siamo amiche.
Sarà il senso di colpa, che ho sempre mal gestito, che mi lancia delle piccole frecciatine quando mi addormento, per ricordarmi che questo scheletrino nell’armadio non l’ho mai voluto sistemare davvero? Chissà. Oppure è solo la sensazione di qualcosa che è stato così imprevedibile che mi ha lasciato incapace di intendere e di volere per un po’. Tutt’ora a distanza di anni non so trovare la giusta spiegazione, non trovo esatto il ruolo che mi è stato affibbiato all’epoca dei fatti
Non ricordo cosa accadeva nel sogno di preciso e perché eravamo insieme, forse perché pensavo a lei qualche giorno fa, perché non ho mai smesso di lambiccarmi il cervello su questa cosa, perché nel libro di Murakami che ho da poco terminato si parla proprio di amici dimenticati, di vita che copre altra vita come fosse sabbia del deserto, la copre ma non la cancella, e poi questa sabbia d’improvviso vola e tutto ti guarda in faccia come fosse un altro TE allo specchio. Due realtà, due vite parallele ma completamente diverse, l’ammissione di colpa, la ferita di una mancanza, la sensazione (comunque) di aver perso qualcosa.
E così scrivo qui, sperando che in qualche modo venga letto, affido il mio pensiero alle righe del blog come fosse una bottiglietta in mezzo al mare, cullata dalle onde, abbracciata da nuovi sorrisi ma sempre e costantemente con il ricordo vivido e felice di quell’amica così importante.
Scrivo forse per chiedere scusa ancora una volta, una parola che non è mai bastata nemmeno a me che la pronunciavo. Non ho mai cercato di giustificare me stessa, forse mi sono solo nascosta.
Forse sono ancora un po’ confusa in merito. Forse dovrei smettere di pensarci. Forse sono troppo profonda e introspettiva. Forse nemmeno lei ci pensa più.
Però mi piacerebbe che la vita ci facesse rincontrare. Riabbracciare ed essere complici come lo eravamo. So che potrei farlo accadere io, che sono tanto brava nelle riconciliazioni, che non conosco rancore o slealtà. Ma dopo sei anni mi chiedo cosa sia rimasto dentro il suo cuore, forse meglio aspettare ancora, che quello scheletro diventi per entrambe cenere, che in fondo è molto simile alla sabbia…ruvida, leviga, aiuta a cancellare le cose superficiali ed a far affiorare quelle che stanno in fondo, le più dure da sconfiggere…le cose belle.
L’andamento della vita è come un susseguirsi di curve, ci sono dei rettilinei più lunghi che ci fanno incontrare persone per più tempo, alcune rimangono nonostante gli sbandamenti, alcune sono passeggere ma ugualmente importanti, perché magari la curva da affrontare era difficile, alcune sono dei lievi spostamenti dei capelli dalla fronte, altre sono la tua solida strada. L’amicizia è per me come un guard rail, una certezza, una sicurezza, un appiglio, un impegno. E’ una storia d’amore che ho sempre voluto coltivare e mai abbandonare, fino al suo respiro più flebile, che gridava all’eutanasia, alla fine, alla morte.
Probabilmente fino all’Università non avevo mai assaporato cosa realmente può darti un amico. Ero sempre stata timida e sfigatella, almeno fino alle medie, quella che rincorre sempre gli altri per essere considerata…e un po’ così lo sono rimasta, con questa sensazione perenne di colpa per qualsiasi inezia…ma ho anche goduto (e tuttora ne godo) della vera amicizia, passando da quelle soffocanti e totalizzanti fino a quelle vere, emozionanti, di colori accesi e profumati abbracci.
E quindi, cara amica S., ti ho sognata.
Ho smesso di credere nelle favole, ma ogni tanto, nonostante il cinismo che sta dilagando, le persone si corrono ancora incontro, cancellando le distanze e le brutte memorie.

Piedi nell’erba e tre piccoli fiori in miniatura

SUONARE C15.

standard 5 dicembre 2013 28 responses

Quattro palazzi grigi cemento, scorticati dal tempo e dalle intemperie.

Ventuno anni appena compiuti, freschi ed ingenui come un quadrifoglio bagnato di rugiada.

Una stanza poco accogliente, rustica e vuota, senza personalità, senza ricordi alle pareti, una vita da scrivere e attaccare.

Due piedi sulla soglia della porta blu. 
Tanti numeri da controllare, tutto sembra uniforme, statico.
Pantaloni mai abbastanza rattoppati, spirito libero, colori e frenesie mai frenate.
Quello che mi aspettava tra quelle pareti non potevo saperlo, quel 27 gennaio 2003, fatto di lacrime e separazioni, di trasloco in autobus, di zaini in spalla pesanti e accessori inutili che facevano diventare ancora più pesante lo spostamento.
Ed era così definitivo che non potevo saperlo.
La mia vita a Firenze, da quel momento, ha preso un’altra strada. La ripidità iniziale è stata ripagata, perchè sento ogni giorno la forza acquisita sulle mie spalle, ogni giorno che leggo negli occhi del mio migliore amico quanto sono stata fortunata ad incontrarlo lì, tra più di 400 facce sconosciute, nemiche e in conflitto.
Una decisione presa senza avere altre scelte se non quella di tornare dai miei, mollare l’università e la mia nuova vita. Una decisione sofferta.
Perché dietro quella porta era tutto sconosciuto, tanti tasselli erano ancora da comporre e costruire, trovando loro un senso compiuto, sperando di trovarlo, senza alcuna certezza se non l’acqua fredda sulla faccia la mattina.
Quattro palazzi che erano un villaggio, un campus, un paese, il mio mondo.
Lo sono stati per sei anni, durante i quali ho traslocato da torre a torre, da stanza a monolocale.
Quattro palazzi che mi hanno vista crescere, trasformare.
Giovane, inesperta, sempre contro.
Donna, compiuta, presente.
Un passo dietro l’altro, vincendo vergogna e sguardi a volte troppo taglienti, amicizie e legami così forti che vincono il tempo e le diverse esperienze, ricordi buffi, solitari.
Dio quante risate tra quelle pareti. Sento ancora lo scintillio chiaro delle nostre anime, così libere.
Libere da tutto.
Dalle imposizioni della crescita, dal realismo crudo di una laurea desiderata ma poi quasi inutile, anime libere dai sotterfugi e dalla malignità.
Quattro palazzi grigi cemento, che ho imparato ad amare tantissimo.
La C15 era la mia prima stanza. Torre C, secondo piano, stanza 15, sulla sinistra dopo le scale.
Li sogno spesso, quei giorni. Non perchè adesso viva una vita peggiore, ma probabilmente perchè è LI’, proprio LI’ che mi sono formata, che i piccoli pezzi di plastilina si sono lasciati modellare per creare questa gran pezzo di gnocca donna che vedo adesso.
Ed è stato LI’ proprio LI’ che ho conosciuto i due veri protagonisti di questa mostra.

Maurizio e Mesquita.
Sardegna e Angola.
Biondo, occhi azzurri, fotografo. Nero che più nero non si può, TUTTOLOGO (anche perchè se dovessi seriamente dire la sua professione non saprei da dove cominciare!).

Insomma. Questi due qui, insieme, hanno dato vita ad una mostra, appunto. Un’unione di culture, di amicizia, di larghe intese, di unioni, di condivisione, sorrisi, rispetto, attenzioni, coinvolgimenti, dettagli materiali e immateriali.
Se passate da Firenze, la Feltrinelli International la ospita dal 5 dicembre al 7 gennaio 2014.
Non vedo l’ora di essere lì, stasera, a vedere gli occhi del mio amico brillare di gioia ed emozione per un traguardo, non il primo, della sua carriera, ma soprattutto PER la sua persona così unica, che occupa un posto indissolubile nel mio cuore.
(link ad un articolo de La Repubblica – galleria fotografica con le foto della mostra!)
 Firenze, Feltrinelli International, dal 5 dicembre al 7 gennaio 2014.
Berry e Mesquita – Fotografia di Maurizio Picci.